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Recensione di Agony

Titolo: Agony
Genere: Survival/Horror
Piattaforma: PlayStation 4
Sviluppatore: MadMind Studio
Produttore: PlayWay
Data di uscita: 29 maggio 2018

Un trionfale KickStarter ci consegna pura Agonia

“Vi rendo omaggio Nicola e Bart, riposate per sempre qui nei nostri cuor. Il momento estremo e finale è vostro. Quell'agonia è il vostro trionfo!” (Here's to You)

Scomodando Joan Baez, vi introduciamo il lavoro di MadMind Studio, team indipendente creato nel 2016 da Tomasz Dutkiewicz e composto da sviluppatori che, in passato, hanno collaborato alla realizzazione di opere capaci di ritagliarsi un ruolo di prestigio nella scena videoludica internazionale: parliamo, ad esempio, di un The Witcher 3, di Sniper: Ghost Warrior 2 e di The Division.

L’intento di MadMind era quello di dar vita ad un’opera inquietante i cui elementi peculiari si trasmettessero principalmente grazie all’atmosfera “disturbata” generata dal giusto mix tra sonorità angoscianti e un macabro impatto visivo.

Con tali presupposti, partì la raccolta fondi su KickStarter nell’ottobre del 2016: consentendo ben sedici possibilità di finanziamento, dai 5$ ai 5.360$, la campagna si concluse nel dicembre dello stesso anno, superando, con un totale di 182.642$ da 3926 finanziatori, l’obiettivo prefissato di 66.666$ (un traguardo il cui numero non sembra affatto casuale).

Nel corso degli anni il crowdfunding, ovvero la possibilità di rivolgersi ad una community d’investitori, ha permesso la nascita di produzioni di valore come Shovel Knight, Undertale o Hyper Light Drifter ma, talvolta, le promesse dei creatori e la “fiducia monetaria” sono state “tradite” dalla qualità finale del prodotto.

Torniamo così, al titolo del paragrafo e alla citazione iniziale: la campagna KickStarter è stata un successo ma “quell’agonia” che ne è scaturita, Agony appunto, non può essere considerata un trionfo di MadMind.

L’innegabile hype per il progetto e l’importante potere mediatico generato da premesse tanto “ansiogene” quanto affascinanti hanno contribuito ad aumentare la delusione quando, finiti i proclami, ci si è ritrovati ad analizzare il gioco completo.

Vi spieghiamo in dettaglio i motivi per cui, recensire Agony, abbia rappresentato una vera e propria agonia.

Alla legione dei perduti, alla corte dei dannati

Quanto di buono fatto dal team di sviluppo polacco si può riscontrare quasi esclusivamente nella scelta di un concept dall’indubbio fascino: un dannato, senza memoria della propria vita terrena, attraversa le porte degli inferi, forse alla ricerca di risposte, forse affascinato dalla speranza di una rinascita promessa dal culto della “Dea Rossa” o probabilmente, sedotto dall’oblio, per perseguire la propria peccaminosa strada anche nella vita dell’oltretomba.

Agony, fin dall’inizio, non presenta una narrazione lineare: le informazioni fornite al giocatore sono volutamente poche e proposte tramite brevi cut-scenes, scarni dialoghi e documenti sparsi per l’ambientazione. La mancanza di chiarezza, o meglio, la distorta e criptica situazione in cui si viene immersi è perfettamente coerente con l’elemento centrale di tutta l’avventura, la perversa essenza di un Inferno macabro, punitivo, sanguinario e disumano. Citazioni bibliche, simbolismo occulto, perversione sessuale e pura follia sono chiaramente il leitmotiv utilizzato dalla software house per conferire maggior credibilità all’iconografia dell’eterna condanna.

Seppur di qualità altalenante, l’unico pregio della produzione risiede nelle disturbate atmosfere del viaggio nell’aldilà, unite ad una generale mancanza di cognizione di ciò che è accaduto e che accadrà. Tuttavia…

Povero Diavolo, che PENA mi fa…

… quanto di buono potrebbe far presagire il suddetto disegno, è interamente sconfessato, o quasi, da un sistema di gioco talmente problematico sia nell’impostazione che nella realizzazione. Non vogliamo girarci inutilmente attorno: dal punto di vista prettamente ludico, Agony è un gioco ben lontano dalla sufficienza.

Il primo impatto con il gameplay propone meccaniche da “walking simulator” con elementi interagibili e semplici puzzle ambientali; dialoghi e documenti accompagnano il giocatore durante l’iniziale dipanarsi dell’intreccio narrativo. Ben presto, tuttavia ci si rende conto di trovarsi all’interno di un vero e proprio “inferno”… e non ci riferiamo alla location.

Dopo alcune fasi scriptate, che fungono tutorial, è il primo incontro con i demoni a rappresentare l’inizio dell’incubo videoludico, l’attimo in cui Agony si trasforma in uno stealth game mal realizzato che di survival horror ha ben poco: perde il carattere survival perché spesso e volentieri, anche al livello di difficoltà inferiore, basta essere visti dal nemico per dire addio alle possibilità di sopravvivenza; non è più nemmeno horror, dal momento in cui si è costretti a ripetere la medesima sezione tantissime volte, a causa di scelte discutibili degli sviluppatori condite da una buona dose di imprecisione e di bug.

La buona atmosfera offerta dall’ambientazione si svuota di ogni significato e si è costretti a procedere in modo meccanico, soprattutto nelle aree labirintiche, per progredire nell’avventura, sfruttando, a proprio vantaggio, ulteriori errori del gioco. È talvolta più utile, ad esempio, correre a casaccio alla ricerca del punto d’interesse, senza preoccuparsi dei nemici e perdendo, così, quel senso di ansia per l’ignota oscurità circostante. Il buio stesso è mal pensato giacché, in un dedalo di vie che si ripetono praticamente uguali, non si ha la sufficiente visibilità per notare quel dettaglio che indica di aver intrapreso la giusta direzione; certo, è possibile utilizzare una torcia ma, dato l’irrisorio “potere illuminante”, la sua utilità è pressoché limitata al “bruciare strutture legnose” per aprire varchi.

Analizziamo, in particolare, le possibilità stealth offerte.

Il personaggio, per evitare di essere udito dai Servitori di Satana, può trattenere il respiro per un breve lasso di tempo… vanamente: sebbene si tratti di una skill potenziabile (raccogliendo determinati frutti che fungono da punti abilità), tentare di aggirare una Bestia con questa meccanica si traduce in morte nella maggior parte delle circostanze.

È possibile nascondersi in anfratti e mucchi di cadaveri… inutilmente: è efficace solo quando non si è ancora stati scoperti ma questo impedisce di andare avanti poiché gli avversari, dotati di un’IA imbarazzante, pattugliano le zone con pattern che spesso precludono ogni via di fuga, muovendosi nell’esatta direzione dell’obiettivo da raggiungere.

A che pro, quindi, stare nascosti? Beh, se siete interessati a perder tempo e a vedere le caviglie dei Demoni che passeggiano davanti ai vostri occhi, con fare tutt’altro che elegante, fate pure ma scordatevi di completare il gioco.

La feature regina della produzione è la possibilità, qualora si morisse, di vagare come anima alla ricerca di un corpo da ospitare, a patto che il suo capo non sia coperto da un cappuccio nero (è necessario quindi rimuoverlo prima della possessione). Ottima idea, che permette diversi approcci al superamento delle sezioni. Sì può, eventualmente, scegliere uno stile aggressivo raggiungendo una zona con dei Demoni e delle entità da possedere, compiere il necessario prima di essere attaccati (bruciare una barriera, raccogliere un oggetto chiave etc.), morire e invadere il nuovo corpo in una “safe-zone” più avanzata, aggirando, in tal modo, l’ostacolo.

Non mancano, però, i problemi anche in questo caso. Lo spirito non può spostarsi oltre una certa distanza o per più di un determinato tempo e le povere creature da possedere non sono numerose e spesso risultano irraggiungibili per vincoli strutturali o bug. Se, ad esempio, come essere vivente si riesce a passare all’interno di una fessura, non si può fare lo stesso nei panni di un’entità astratta; l’anima, improvvisamente ingrassata a dismisura, sbatte contro pareti invisibili o si incastra all’interno di una struttura, costringendo il giocatore a riavviare la partita dall’ultimo checkpoint.

Questi ultimi, chiamati “Specchi dell’Anima” sono fortunatamente abbastanza vicini tra loro e, mal che vada, si è costretti a ripetere “solamente” una decina di minuti di gioco (per tantissime volte, ed ecco svelato il perché del titolo, un’agonia appunto).

Nelle fasi più avanzate, con l’upgrade di una determinata abilità, è possibile possedere anche i demoni minori e fidatevi, sarà un mezzo sollievo… ma sottolineiamo mezzo.

Per di più, la mappatura dei controlli non aiuta, poco “ragionata” e spesso scomoda.

Il nostro consiglio è quello, fin dall’inizio, di ridurre la difficoltà, non perché non ci si voglia cimentare in sfide impegnative ma perché, già a livello semplice, i problemi del gameplay rendono frustrante il progredire, portano a scoraggiarsi e a gettare la spugna prima dell’epilogo. Inoltre, per una run più “easy”, scegliete di effettuare le “Possessioni Facili”, altrimenti gestite da un “periglioso” mini-game.

Suggeriamo, infine, di impostare su “Sì” l’opzione Linee del Destino Illimitate; si tratta di una meccanica che, tramite la pressione dell’analogico destro, permette di “lanciare” una serie di fasci luminosi verso il percorso da seguire (non sempre utile, in quanto segnala l’obiettivo e non gli oggetti chiave da ottenere per poterlo attivare, nel caso in cui sia bloccato).

L’offerta principale si conclude con la possibilità di eseguire una seconda run nei panni di un demone, molto più agile del personaggio originario. In questa modalità, la raccolta dei Collezionabili e l’esplorazione delle aree segrete risulta meno estenuante.

Per quanto concerne la Agony Mode, si tratta di una “modalità sfida” nella quale bisogna completare determinati obiettivi indicati sullo schermo, sopravvivendo il più a lungo possibile all’interno dell’Inferno.

Dannate atrocità visive

Il titolo offre un colpo d’occhio iniziale di tutto rispetto, merito delle potenzialità dell’Unreal Engine 4 e di una concezione artistica buona. Le location di Agony riproducono gli inferi in modo credibile (no, non ci siamo ancora stati ma, con tutte le imprecazioni lanciate durante il completamento del game, probabilmente ci andremo). Fiumi di sangue, muri di ossa e carne, deformità, simboli dell’occulto, corpi crocefissi e impalati, erotismo, interiora spappolate, bambini deformi impiccati al proprio cordone ombelicale… c’è praticamente tutto quello che ci si sarebbe aspettati dall’arredamento di Casa Satana.

La produzione, però, fallisce anche in questo campo: tale ambiente maledetto e suggestivo perde di credibilità quando l’attenzione cade sui dettagli. I modelli dei personaggi, di pessima qualità e mossi da animazioni imbarazzanti, sembrano provenire dai primi anni 2000 e i medesimi (e orribili) volti si ripetono costantemente per tutta l’avventura.

Anche i demoni, con passo da T-Rex, sono più “buffi” che inquietanti.

Strutture rivestite con texture di bassa qualità contribuiscono a danneggiare l’impatto visivo.

Segnaliamo, nella versione “vaniglia”, un fastidiosissimo tearing con lo schermo che si “lacera” quando si muove l’inquadratura, problema quasi completamente risolto, salvo particolari circostanze, con gli update rilasciati nei primi giorni.

Ci è piaciuto, invece, il comparto sonoro, merito di effetti ambientali inquietanti ben realizzati e di una soundtrack accattivante.

Meno piacevoli i doppiaggi che, spesso di debole interpretazione, penalizzano il coinvolgimento emotivo.

In sintesi:

La legge del contrappasso viene dal latino contra e patior, ("soffrire il contrario") è un principio che regola la pena inflitta ai peccatori giunti agli inferi e costretti per l’eternità a patire per il contrario della propria colpa o per analogia a essa. Se quello di Agony fosse l’Inferno Dantesco, si spiegherebbe tutto: abbiamo commesso il peccato di rimanere affascinati da un contesto depravato, turpe, macabro e violento senza ancora avere, tra le mani, qualcosa di concreto e “guadagnandoci” la punizione di doverlo vivere e analizzare, fino in fondo, per potervene parlare nel modo più dettagliato possibile.

Il team polacco parte da idee affascinanti ma le converte in un prodotto ben al di sotto della sufficienza dal punto di vista ludico e solo accettabile sul piano estetico, più simile ad una beta che ad un’opera completa: non c’è inferno più atroce del fallimento in un grande scopo.

Pregi:

  • Concept originale e audace…
  • La meccanica della possessione…
  • Primo impatto visivo accattivante…
  • Buono, nel complesso, il sonoro.

Difetti:

  • … totalmente rovinato da un comparto ludico che non diverte ed è colmo di problematiche.
  • … che talvolta si riduce ad un mero cambio di skin.
  • … penalizzato da texture di scarsa qualità e da modelli dei personaggi troppo “old-gen”.
  • Lavoro di doppiaggio appena sufficiente.

VALUTAZIONE COMPLESSIVA: 5

La recensione di Agony è stata scritta e curata da G-PqV per GameStorm.it, pubblicata il 06-06-2018

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