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Recensione di Yakuza Kiwami

Titolo: Yakuza Kiwami
Genere: Action / Beat 'em up / Adventure
Piattaforma: PlayStation 4
Sviluppatore: SEGA
Produttore: SEGA
Data di uscita: 29 agosto 2017

Oltre il concetto di remake: un sequel dello Zero

Sono passati circa dodici anni dall’uscita di Yakuza sul suolo nipponico. Dopo l’ondata di hype che ha travolto la serie anche in occidente, grazie allo spettacolare prequel Yakuza Zero, SEGA ha deciso di far rivivere ai fan della serie le prime avventure del Dragon of Dojima, Kazuma Kiryu, sotto forma di remake. Yakuza Kiwami, però, è più di un remake. Kiwami, in giapponese, significa estremo e, probabilmente, si tratta dell’aggettivo ideale per descrivere il lavoro realizzato dal Team Yakuza, non semplicemente volto ad un miglioramento del comparto tecnico e del sistema di gioco (che analizzeremo in dettaglio nei prossimi paragrafi). Yakuza Kiwami si prende la “libertà” di porsi come seguito di Yakuza Zero, sfrutta la splendida attualità di quest’ultimo, e la fa propria, collegandosi perfettamente al prequel sotto ogni punto di vista ma, allo stesso tempo, mantenendo la chiara e forte personalità che gli ha permesso di affermarsi nel 2005 e di dare vita a una delle principali saghe videoludiche di stampo orientale.

Nel complesso, Kiwami si dimostra uno splendido remake. Come sequel (che, ripetiamo, non è…), invece, ci limitiamo a definirlo “buono”. Vi spieghiamo il perché analizzando i singoli aspetti del game.

Una Carpa “Koi” problemi esistenziali

La carpa ("Koi" in giapponese) è sempre in movimento ed è considerata uno dei pesci con più energia e forza. È, inoltre, in grado di nuotare controcorrente. Secondo una leggenda cinese, il pesce, dopo la risalita lungo il Fiume Giallo, arriva alla Porta del Drago, trasformandosi in Dragone e ottenendo l’immortalità. Il simbolo, in Giappone, sta a indicare la determinazione di un uomo virtuoso, capace di superare le avversità, con sforzi e sacrifici.

Yakuza Zero ci ha mostrato la nascita del Dragon of Dojima e del Mad Dog of Shimano.

Il plot di Kiwami ruota attorno al rapporto tra i due Draghi, Kiryu, già affermato come luogotenente del clan Dojima, e Akira Nishikiyama che, frustrato per il suo essere costantemente all’ombra del fratello di giuramento, e sconvolto dalla malattia della sorella di sangue, ambisce a trasformarsi da Carpa a Drago d’Acqua. Nishiki, frustrato, ferito e iracondo, incarna benissimo il significato del tatuaggio sulla propria schiena:come abbiamo detto prima, vuol superare le difficoltà ma sforzi e sacrifici non bastano, costringendolo a percorrere vie alternative, a cadere in preda alla follia e a effettuare scelte pericolose e immorali.

Gli eventi si svolgono a Kamurocho, trasposizione videoludica del quartiere a luci rosse di Tokyo, Kabukichō, hanno inizio a sette anni di distanza dalle vicende di Yakuza Zero e ruotano, fondamentalmente, attorno a tre attori principali: Kiryu, Nishiki e Haruka.

Nel prologo, Kiryu, unico protagonista e personaggio giocabile di Kiwami, si assume la responsabilità di un omicidio “importante” (preferiamo non anticiparvi nulla) e finisce per ben dieci anni dietro le sbarre. Soprattutto, però, la sua immagine è nuovamente infangata e, dopo il salto temporale, è nuovamente costretto a districarsi all’interno della malavita, tra degrado, corruzione, e giochi di potere, così da scalare i ranghi della mafia nipponica e dimostrando il proprio valore. Solo così, può far rivivere il leggendario Dragone di Dojima.

Nishiki, nello stesso tempo, è vittima di un profondo cambiamento, ossessionato dalla figura “perfetta” di Kazuma e deciso a dimostrare, ad ogni costo, di non essergli da meno.

Le strade dei due s’incrociano ripetutamente e s’intrecciano con quella della misteriosa figura di Haruko, bimba incontrata per caso da Kiryu e inspiegabilmente braccata dalle diverse bande criminali del distretto.

Vogliamo chiudere così la descrizione della trama, certi che sia meglio vivere in prima persona il susseguirsi degli eventi.

Soffermandoci sulla sceneggiatura, sulla regia e sul ritmo, il livello è leggermente inferiore a quanto visto su Yakuza Zero, problema a cui, ovviamente, non darete importanza qualora aveste già giocato l’originale Yakuza. Si tratta, ricordiamolo, del remake di un gioco che ha visto la luce dodici anni fa e che, dal punto di vista narrativo, è invecchiato “bene ma non benissimo”.

Ovviamente, non manca la carismatica figura di Goro Majima: è proprio il Cane Pazzo di Shimano che, a modo suo, permette al protagonista di riottenere la forza perduta durante i dieci anni in carcere.

I complimenti al team di sviluppo sono, però, doverosi: Kiwami presenta oltre trenta minuti di sequenze filmate inedite che migliorano la comprensione degli eventi e creano una naturale e riuscita consequenzialità con il prequel.

Abbiamo invece trovato meno intense le side-quest, salvo eccezioni, impostate su trame poco accattivanti e dispersive.

Kamurocho si sviluppa… ma offre meno

L’analisi del sistema di gioco di Kiwami, dopo aver recensito lo Zero, non è stata un’ardua impresa, anzi: le meccaniche vengono riproposte quasi interamente sia per quanto riguarda le attività extra che per il combat system, punto cardine del gameplay.

Essendoci un unico protagonista, gli stili di lotta utilizzabili sono solamente i quattro che gli appartengono: Brawler, quello maggiormente bilanciato tra danno procurato e velocità, Rush, che privilegia i movimenti rapidi, Beast, basato sulla forza bruta ma decisamente più lento e Dragon of Dojima, lo stile “personale” di Kiryu.

Quasi tutte le abilità possedute nel capitolo iniziale, sopite a causa degli anni dietro le sbarre, possono essere recuperate gradualmente, attraverso la spesa dei punti esperienza ottenuti dagli scontri per Kamurocho e dal completamento delle quest primarie e secondarie.

Il recupero delle piene funzionalità del Dragon of Dojima, invece, dipende dagli eventi Majima Everywhere. Il team ha voluto dare importanza al co-protagonista dello Zero, nonché uno dei più amati personaggi della saga: sconfiggendo il folle Mad Dog durante i suoi agguati, alcuni in situazioni splendidamente fuori dalle righe, si riottengono, di volta in volta, le singole “mosse del Dragone”.

Il tutto è impostato su meccaniche RPG semplici, strutturate su differenti e ben chiare “ruote-abilità”, attraverso le quali è possibile potenziare anche la barra di salute e quella delle tecniche speciali.

A diciassette anni di distanza dagli avvenimenti di Yakuza Zero, Kamurocho appare in pieno sviluppo ma offre un leggermente più ristretto corollario di mini-games tra cui Club Cabaret, Karaoke, Bowling, Biliardo e Freccette, Baseball, Pocket Circuit, Casinò e SEGA Arcade. Qui non è più possibile rivivere le emozioni degli storici cabinati ma cimentarsi nel Mesuking gioco arcade che riprende le meccaniche “carta-forbici-sasso” del Catfight ed è basato sulle carte collezionabili sparse per le vie del quartiere.

In attesa del Dragon Engine

Al netto di qualche miglioramento “di contorno”, il comparto tecnico/estetico di Yakuza Kiwami è sostanzialmente analogo a quello di Yakuza Zero. In attesa di vedere, in occidente, i progressi introdotti dal Dragon Engine sul sesto capitolo e su Kiwami 2, ci siamo trovati di fronte agli stessi pregi e difetti che vi abbiamo elencato nella recensione del prequel.

In questo caso, tuttavia, ci saremmo aspettati qualcosa di più, in relazione alla presenza della singola ambientazione di Kamurocho (l’originale Yakuza non prevedeva alcuna fase a Sotenbori).

Il quartiere, grazie al passare del tempo, appare più moderno, vivo e colorato che in passato, merito di un’ottima gestione dell’illuminazione volumetrica che mette in risalto le innumerevoli insegne al neon presenti. Contribuiscono al buon impatto visivo i piacevoli riflessi sull’asfalto e sulle pozzanghere generate dalla pioggia, mai esagerati e fastidiosi.

Nonostante il salto di qualità rispetto all’episodio originale per PS2 sia impressionante, Kiwami, così come lo Zero, non rappresenta, però, la miglior vetrina per l’esposizione estetica dell’attuale console Sony.

Evidenziamo un’ottima la gestione del frame-rate, stabile a 60fps, mentre permangono i problemi concernenti i fenomeni di pop-up e qualche capriccio della telecamera negli spazi ristretti.

Degno di lode è, invece, l’intero comparto audio: la software house ha completamente ridoppiato i dialoghi, mantenendo un altissimo livello scenico, d’interpretazione e regia. Anche la soundtrack è stata “ripulita” e perfezionata.

In Sintesi:

“Yakuza Kiwami è uno spettacolare remake dell’originale primo capitolo”.

“Yakuza Kiwami è un buon seguito, non eccezionale, per Yakuza Zero”.

Quale delle due affermazioni è corretta? Entrambe.

Si tratta, infatti, di un’ottima riedizione del capitolo che ha dato vita alla saga, grazie alla differenza estetica con il gioco per PlayStation 2, agli extra inseriti, al moderno combat-system e al lavoro di ri-doppiaggio.

Allo stesso tempo, la storia raccontata, pur buona e toccante, risente del peso degli anni ed è leggermente meno coinvolgente rispetto a quanto offerto dallo Zero.

Sta tutto al giocatore e al suo background videoludico.

Un fan di vecchia data lo amerà senza riserve. Un utente che ha iniziato con Yakuza Zero, ci potrebbe litigare un po’, finendo per amarlo comunque.

Pregi:

  • Buona sceneggiatura, emozionante e ben raccontata…
  • È un remake perfettamente riuscito del primo Yakuza…
  • Ottima fluidità a 600fps con una buona gestione dell’illuminazione.

Difetti:

  • … con fasi di minor qualità che rallentano il ritmo minando il coinvolgimento.
  • … ma per chi ha iniziato con lo Zero può rappresentare un passo indietro.
  • Frequenti fenomeni di pop-up di modelli e texture.

VALUTAZIONE COMPLESSIVA: 8

TRAMA - CONTENUTI 8 / 10

GAMEPLAY 8,5 / 10

COMPARTO TECNICO-SONORO 7,5 / 10

La recensione di Yakuza Kiwami è stata scritta e curata da G-PqV per GameStorm.it, pubblicata il 08-10-2017

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