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Recensione di Wolfenstein: Youngblood

Titolo: Wolfenstein: Youngblood
Genere: First Person Shooter
Piattaforma: PlayStation 4 / Xbox One (Testata) / Nintendo Switch / PC
Sviluppatore: Machine Games, Arkane Studios
Produttore: Bethesda Softworks
Data di uscita: 25 luglio 2019

Hungry like the Wolfenstein

E se la Seconda Guerra Mondiale fosse stata vinta dall’Asse? Se fosse stata la Germania a sviluppare per prima un ordigno nucleare? Se l’Europa, prima, e l’intero territorio degli Stati Uniti d’America, poi, avessero ceduto all’inarrestabile forza militare tedesca? Sono queste le ormai notorie premesse alla base della ringiovanita saga Wolfenstein che, dopo una discreta fortuna nei primi anni novanta e duemila (con gli intramontabili Wolfenstein 3D e Return To Castle Wolfenstein) ed un periodo buio e da dimenticare a metà della settima generazione di console (chiunque abbia giocato al reboot del 2009 soffre, probabilmente, ancora di Sindrome da Stress Post Traumatico), è tornata, negli ultimi anni, alla ribalta con un ottimo tris di titoli, ognuno più convincente del precedente.

Wolfenstein: The New Order, Wolfenstein: The Old Blood e Wolfenstein II: The New Colossus sono stati titoli apprezzatissimi da critica e pubblico, capaci di rivitalizzare l’idea di fondo del franchise (“guarda quel nazista, ammazza quel nazista”) e di renderla ancora una volta protagonista in un FPS di stampo moderno. Ciò detto, l’annuncio di un capitolo impostato internamente intorno a meccaniche co-op nel corso dell’E3 2018 ha fatto storcere il naso a diversi nuovi e vecchi fan della saga. Complice un prezzo assolutamente non esoso e la presenza di moltissime meccaniche già lodate ed implementate nei capitoli precedenti, però, Wolfenstein: Youngblood potrebbe non rispecchiare le meste aspettative dei detrattori e, anzi, potrebbe addirittura rivelarsi una piacevole sorpresa. Ma andiamo con ordine.

Blazkowicz senza gloria

1980. L’America è ormai liberata dalla morsa nazista e l’eroe della Seconda Rivoluzione Americana, B.J. Blazkowicz, si è ritirato da tempo a vita privata insieme a sua moglie Anya e alle due figlie, Jessica e Sophia. Dopo anni di duro addestramento in compagnia dei genitori, le due sorelle si ritrovano, improvvisamente, abbandonate dal padre, sparito nel nulla senza lasciare alcuna traccia. Tuttavia Jess e Soph, con l’aiuto dell’amica Abby, scoprono una stanza segreta nascosta nell’attico, con diversi indizi lasciati da Blazkowicz che conducono ad un’unica pista: Parigi.

Temendo l’inerzia delle autorità americane, chiaramente non intenzionate ad avventurarsi in territorio Europeo (ancora in mano ai nazisti), Jess, Soph ed Abby decidono di prendere in prestito un elicottero dell’FBI e di partire alla volta della Francia al grido di “Andiamo a prendere un Hamburger!”. A bordo, le sorelle rinvengono due tute ad armatura potenziata, dotate di mimetica ottica, indossate le quali incontrano Juju, leader della resistenza francese. Quest’ultima riferisce di aver incontrato Blazkowicz, ma aggiunge di non avere la più pallida idea di dove sia diretto, né riesca ad immaginare cosa abbia in mente di fare alla sua ormai veneranda età. Tocca dunque alle due sorelle setacciare la metropoli parigina in cerca del loro latitante padre.

La trama di Wolfenstein: Youngblood, pur ben strutturata, appare in alcuni punti piuttosto banale, a tal punto da rendere evidente come questa non sia il punto focale dell’esperienza offerta dal titolo. La trama è uno degli elementi meno curati del gioco, quasi ridotta all’osso e penalizzata, purtroppo, dalla scelta di alcuni doppiatori che non sembrano aver svolto fino in fondo il proprio dovere. Alcune sequenze d’intermezzo lasciano spazio a momenti d’ilarità e straniamento, complice proprio il doppiaggio dozzinale ed esageratamente meccanico dedicato ad alcuni personaggi. Fortunatamente, la trama è semplicemente un antipasto che non esita a lasciare spazio al piatto forte dell’esperienza: il gameplay.

Holding Out for a Hero. Anzi, due.

E WolfensteinYoungblood, da questo punto di vista, ad una prima occhiata non sembra deludere, anzi: se tutto ciò che conta in un Wolfensteinper alcuni utenti è sparare ai (ed ammazzare - di conseguenza - dei) nazisti, Youngblood non può che soddisfare appieno queste aspettative. O quasi: c’è un piccolo, grandecaveatche caratterizza l’intera esperienza e può, da solo, inimicarsi alcuni dei più sfegatati fan dei precedenti capitoli. La presenza massiccia di elementi RPG si nota fin dai primi minuti di gioco: i soldati nemici ora hanno una barra della vita (con alcune “tacche” di armatura ulteriore, presenti in numero sempre maggiore man mano che si progredirà nel gioco) con tanto di livello sopra la testa. La stessa protagonista che andremo ad impersonare (la scelta tra Jess e Soph è concessa al giocatore all’inizio dell’avventura) è soggetta ad un level systemcon tanto di albero delle abilità, da sbloccare con i punti ottenuti al conseguimento di ogni livello, e danni e salute potenziati al progredire di livello in livello.

L’esplorazione del mondo di gioco è inoltre ricompensata con collezionabili, munizioni, kit medici e moneta di gioco. Wolfenstein: Youngblood offre la possibilità di acquistare, tramite monete d’argento (raccolte durante le fasi di gameplay) e lingotti d’oro (acquistabili con moneta reale tramite “microtransazioni” che possono raggiungere e superare tranquillamente la doppia cifra, com’è ormai tradizione), elementi puramente cosmetici (skin per la tuta o per le armi) e veri e propri potenziamenti. Il risultato finale dell’implementazione così radicata di simili meccaniche è il parziale snaturamento dell’esperienza a cui ormai la saga aveva abituato l’utenza: i nemici più coriacei sono ora delle vere e proprie spugne per proiettili che, in forza del proprio livello più alto rispetto a quello della protagonista, infligge anche immani quantità di danni, costringendo l’IA (o un compagno d’avventure, in rete locale o online) a correre in nostro soccorso, esponendosi al fuoco nemico e (spesso e volentieri) condividendo con noi un nuovo caricamento.

Non aiuta la percezione che, al conseguimento di un nuovo livello, il nostro personaggio non faccia altro che diventare leggermente più resistente al fuoco nemico e altrettanto marginalmente più efficiente nel ricambiare la cortesia. Il lento progredire attraverso l’albero delle abilità rende ancor più marcata questa percezione, finendo per rendere poco soddisfacente l’intera esperienza e rischiando di inimicarsi il giocatore.

Infine, la modalità co-operativa è, soprattutto alla luce di quanto appena esposto, praticamente l’unica modalità consigliata per affrontare l’intera campagna. Complice l’artificioso livello di difficoltà e la non sempre puntuale intelligenza artificiale (tanto dei nemici, quanto della nostra fedele compagna e sorella Blazkowicz), le sessioni in giocatore singolo finiscono, il più delle volte, per elargire dosi completamente gratuite di frustrazione. Diverse meccaniche trovano infine senso solamente giocando in modalità cooperativa (dalla possibilità di “curare”del nostro partner alzando il pollice in segno di incoraggiamento, tramite pressione del tasto D-Pad Su, alle varie leve da attivare in contemporanea per proseguire nel gioco). È solo con un secondo giocatore che l’esperienza offerta da Wolfenstein: Youngblood riesce a divertire tutte le parti coinvolte, ed è probabilmente questo il motivo dietro al prezzo relativamente contenuto del titolo (29.90 €, contro i 59,99 € richiesti da Wolfenstein II: The New Colossus) e all’inclusione di un Buddy Pass, che consente ad un amico di scaricare una versione Demo del gioco per poter intervenire in modalità co-operativa, nella Deluxe Edition del titolo (cortesemente fornita da Bethesda).

Women go crazy for some sharpedged frames

Premessa necessaria: il titolo è stato testato su Xbox One S. Wolfenstein: Youngblood, sulla piattaforma di casa Microsoft (così come su Playstation 4 nelle versioni base e Pro), è eseguito ad una risoluzione dinamica nel tentativo di mantenere un frame-rate che sia il più stabile possibile. Mentre su Xbox One X questo non sembrerebbe rappresentare alcun tipo di problema (con un frame-rate solitamente ronzante intorno ai 60 FPS, con diverse fasi tra le più concitate in cui, nonostante la risoluzione dinamica, si assiste a cali fino a 10 frame al secondo), sui modelli base ed S ci si ritrova davanti ad una pulizia d’immagine non esattamente di prim’ordine, con bordi smussati e sfocati, dettagli impossibili da mettere a fuoco con chiarezza e compromessi evidenti sul fronte delle texture.

Si tratta, però, di sacrifici necessari: con la risoluzione dinamica attiva, il frame-rate è incredibilmente costante anche su Xbox One S, risultando in diversi punti più stabile di quello offerto dalla più prestante Xbox One X che, ovviamente, presenta invece una pulizia d’immagine e qualità di texture ed effettistica decisamente superiori. Il discorso cambia disattivando l’opzione circa la risoluzione dinamica: i bordi e i dettagli si fanno più definiti, l’immagine appare meno sfumata ma, purtroppo, il frame-rate si attesta in diverse occasioni intorno ai 45 FPS, con fenomeni di micro-stutter e tearing piuttosto evidenti. Si segnalano infine alcune animazioni (facciali e non) poco convincenti, tra cui quella in corsa, “nascosta” furbescamente dalla visuale in prima persona ma, purtroppo, decisamente apprezzabile, giocando in modalità co-operativa con un amico, in tutta la sua gloria.

In Sintesi:

Wolfenstein: Youngblood è decisamente un titolo particolare. Il titolo devia fortemente dalle linee guida impostate dai predecessori, pur conservandone il sistema di combattimento di base, fortunatamente invariato. Una trama banale e dal doppiaggio a tratti insufficiente lascia il posto ad un gameplay annacquato da meccaniche RPG decisamente fuori luogo rispetto all’esempio fornito dai capitoli precedenti della saga.

La possibilità di giocare il titolo in co-operativa apre a diverse possibilità e meccaniche, ma presta il fianco nel caso in cui il giocatore decida di affrontare il titolo in solitaria. Wolfenstein: Youngblood è palesemente stato concepito per essere giocato in compagnia e l’IA implementata per il nostro compagno d’avventure digitale è spesso inadeguata a sopperire alla mancanza di un amico con cui condividere l’esperienza.

Sotto il profilo tecnico, su Xbox One S, l’alto livello di dettaglio offerto dal titolo (fatta eccezione per diverse animazioni) non riesce a brillare, complice l’implementazione di una risoluzione dinamica al fine di garantire un frame-rate che sia il più possibile vicino ai 60 FPS. La situazione, dal punto di vista grafico, migliora disattivando l’opzione relativa alla risoluzione dinamica, ma il trade-off in termini di frame-rate è un prezzo decisamente troppo alto da pagare.

Pregi:

  • È pur sempre Wolfenstein.
  • Comparto grafico di alto livello…
  • Gameplay che ha ricevuto diversi ritocchi…
  • Possibilità di giocare in co-operativa…

Difetti:

  • … ma inficiato da diverse imprecisioni e dalla risoluzione dinamica, su Xbox One S.
  • … finendo, in alcuni casi, per essere snaturato.
  • … che però finisce per impoverire l’esperienza in giocatore singolo.

VALUTAZIONE COMPLESSIVA: 7

La recensione di Wolfenstein: Youngblood è stata scritta e curata da KentuckyFriedG per GameStorm.it, pubblicata il 07-08-2019

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Wolfenstein: Youngblood

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