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Recensione di The Evil Within

Titolo: The Evil within
Genere: survival horror
Piattaforma: Xbox One
Sviluppatore: Tango Gameworks
Publisher: Bethesda Softworks
Data di pubblicazione: 14 ottobre 2014

Pelle d’oca e Bethesda

Si. Esatto. Bethesda. Non vi torna qualcosa, vero? Anche noi, sulle prime, abbiamo pensato a un errore nelle comunicazioni perché la software house era avulsa dal genere survival horror. Loro sono gli artefici degli ottimi Fallout, Rage e Dishonored giusto per citare titoli in ordine temporale. L’abbraccio a giochi orrorifici sono forse l’ultimo gradino che gli sviluppatori statunitensi hanno deciso di scalare; si sa, il marketing tira e non si possono mai escludere nuove aree di sviluppo e nuovi percorsi. Ora, tornando a bomba, lasciare atmosfere che danno ampio respiro, sia in termini di gameplay, sia puramente visivi, per orientarsi verso impostazioni che devono giocare su inquadrature forzate, su stili claustrofobici potrebbe davvero rappresentare un’importante sfida per loro.

Notte buia e tempestosa

Il massacro ha inizio in una sera di tregenda nell’evocativa città di Krimson City. L’investigatore Castellanos segue le indicazioni di una chiamata perché al manicomio cittadino sono tutti morti. Pazienti, dottori, personale di servizio e poliziotti intervenuti sul posto. Un inquietante individuo fa la sua comparsa e questa è l’ultima immagine reale che il detective ha, prima di risvegliarsi in un macello, appeso come un quarto di bue, assieme ad altre persone nelle stesse condizioni. L’orrore, per Castellanos, è appena iniziato. La sola cosa da fare, l’unica, è trovare il modo di andarsene da li, trovare rifugio da qualche parte e sperare che qualcuno giunga in soccorso per salvare la situazione. Come presto scopriremo, l’inizio sarà la parte meno spaventosa dell’avventura; creature impossibili ci attendono nell’ombra, pronte a farci la pelle. Perché sta avvenendo tutto ciò? cosa è successo di cosi terribilmente sbagliato da gettare la cittadina di Krimson City in un mondo da incubo? Forse gli interrogativi sono l’ultima cosa che vorremmo scoprire, ma siamo noi i tutori della legge che il “creatore” Shinji Mikami (un bel voto a chi si ricorda del famoso autore) ha posto a tutela della sanità mentale, facendoci compiere un balzo indietro di qualche anno, quando Silent Hill e Resident Evil si contendevano la palma di miglior survival horror, lesinando aiuti e munizioni, forzando la nostra visuale alla terza persona nascondendoci, mediante sapiente uso di telecamere, i peggiori mostri che la nostra mente era/è in grado di partorire, semplicemente mettendoli dietro…l’angolo. Come dice il genere, si ha nuovamente la netta sensazione di sopravvivenza a qualcosa di terribile, che, puntualmente, accade. Il mondo stesso è incerto, perché ci costringerà a un approccio furtivo, in punta di piedi: meglio non svegliare l’obbrobrio che dorme, come dice il proverbio. Scelte calcolate, azioni forzate sembrano un monito a dover procedere come recita il copione, una sorta di trial and error cui, bene o male, non si può sfuggire; non siamo totalmente padroni della nostra vita digitale. E moriremo. Ahhh si, molte volte; ogni location sarà un ricettacolo di creature da incubo che ci toglieranno la vita nei modi più orrendi.

Gronda sangue

Il rosso fluido è la costante di The Evil Within; ne scorrerà a ettolitri. Nostro o della “fauna” che ci circonda. Nonostante il titolo indirizzi i nostri pensieri verso l’orrore puro, si tratta di uno stealth mascherato da survival horror. Bisogna stare nascosti, non fare rumore e andarsene da ogni posto alla chetichella; non ci saranno troppe munizioni ne’ armi di distruzione di massa. Dovremo fare affidamento alla nostra materia grigia (quando non gocciolerà fuori dal cranio rotto) e a poco altro. Figuratevi che inizieremo il gioco con la sola pistola; proprio per questo sarà opportuno sfruttare i rumori a nostro vantaggio, per superare zone infestate (impestate) distraendo i mostri lanciando oggetti, lontano, e sgattaiolando via: l’assalto frontale è inutile, moriremo. Quando uccidiamo le fameliche creature, non lo faremo realmente se non le bruceremo con i fiammiferi (!!!). Sì, certo, è ridicolo da sentire, ma è cosi: possiamo usare gli esigui fiammiferi trovati qua e la per terminare definitivamente quelle cose lì. Il colpo in fronte? Hahahaha, non sempre funziona, anzi, richiamerà incubi appostati nei paraggi. Proviamo a continuare, collezioniamo armi più “importanti”, poi magari ne riparleremo. Avanzando di soppiatto, scopriremo che i mostri non sono le uniche cose da temere: le ambientazioni sono piene di trappole esplosive; avanzando senza ritegno, beh, salteremo in aria e non potremo recuperare preziosissime parti da riutilizzare poi a nostro vantaggio come la costruzione di dardi per la balestra (che troveremo più avanti). Tranquilli, si fa per dire, il nostro incedere sarà condizionato anche da sessioni di puzzle solving: potevano mai mancare in un gioco cosi? Ovviamente no, e nonostante spezzino un po’ la lenta trama, non abbiamo da preoccuparci, non sono impossibili e non ci rallenteranno più di tanto. E’ un macello, è lento, si muore molte volte e gli aiuti sono rari. Proprio per questo, troveremo utile un manicomio che fungerà da centro di potenziamento. Un nosocomio? Come lo raggiungiamo? Cercate gli specchi e…buona fortuna!

Follia

Fin dall’inizio, dal manicomio, appare chiarissimo il taglio “folle” che il genio maledetto di Mikami impone alla regia e, di conseguenza alla storia e relativi personaggi da incubo. Come accennato parlando del gameplay, anche dal punto di vista grafico il titolo ci fa sempre rimanere nel limbo dell’inquietudine, a volte con sequenze incalzanti, altre facendoci immaginare qualcosa di terribile celato da qualche parte, vicino a noi. Le scene disturbanti le abbiamo trovato ovunque, come detto è lo stesso inizio del gioco che mostra subito il terrore che ci afferra la mano (non è che ce ne voglia poi molto, a spaventarci, non essendo molto abituati agli slasher movie, non siamo…preparatissimi). Ebbene si, durante tutta la partita siamo stati tesi, inquieti, perché oltre all’aspetto prettamente ludico, ci siamo trovati immersi in scene raccapriccianti che, pur confezionate da una sapiente mano, hanno mostrato in diverse occasioni di essere a metà strada tra la old e la new gen, forse è stato il massiccio uso di toni scuri, volutamente sporchi, nella palette cromatica o forse diverse texture che di alta definizione avevano poco. O probabilmente per alcuni cali di frame rate durante le esplorazioni visive, spostando lo sguardo lungo le varie locations. Nulla di male, tanto noi ci siamo cag…ehm…ci siamo spaventati lo stesso. Lo scopo è stato raggiunto; vuoi per le ambientazioni, che attingono ai capisaldi del passato a piene mani, aggiungendoci le “possibilità” che la nuova generazione di console permette di creare (ma, diteci, che senso hanno le piscine piene di cadaveri?) e vuoi per i mostri da incubo (certo che devono mangiare pesante per inventarsi simili creature).

Sinistri presagi

Il fiocco rosso (rigorosamente rosso sangue) che virtualmente sigilla The Evil Within spetta alle musiche. Non totalmente insane, anzi, rappresentano l’unico filo di contatto con la realtà ma che, proprio per questo, risultano spiazzanti, un po’ come il carillon che abbiamo imparato ad apprezzare nei film dell’orrore. Le dense atmosfere che si respirano del gioco, i cupi presagi sottesi ovunque, trovano la loro sottolineatura grazie ad alcuni brani di musica classica che, anziché rilassarci, ci tengono maggiormente sulle spine; per poi culminare in crescendo nelle situazioni più “spiacevoli”, diciamo cosi. La ciliegina (marcia) sulla torta l’abbiamo riscontrata nel suono di vecchi grammofoni in prossimità delle aree sicure; ci ha portato indietro con la memoria agli ottimi primi due Bioshock, dove malati grammofoni suonavano musiche apparentemente normali. Apparentemente, appunto. Ci siamo limitati a evidenziare le chicche che si stagliavano nel comparto audio, perché tutto fila via su toni ovattati, malevolmente onirici, fatto salvo rumori imprevisti e mugolii, versi, urla e tutto il resto che spiccano all’improvviso. 

Sangue e melma

Chi cerca fiumi e fiumi di sangue, apprezzerà sicuramente questo ritorno al passato, un mix tra Silent Hill e Resident Evil con l’aggiunta di molto plasma e situazioni terrorizzanti in più. Il viaggio attraverso l’inferno o la contorta mente del protagonista che ci farà dubitare circa il confine tra la realtà e l’incubo potrà sollevare più di un interrogativo e l’approvazione di The Evil Within avverrà automaticamente. Chi invece vuole qualcosa di più dinamico (come, magari, la bella deriva di Resident Evil 5) farà bene provarlo, se ne ha l’opportunità, perché se il titolo non è uno stealth puro, poco ci manca e lo scoprire che il checkpoint/save point è lontano nel tempo e bisognerà ripetere alcune zone impestate strapperà più di un’imprecazione. Stesso discorso per le rare munizioni e la quasi impossibilità di affrontare le orride creature all’arma bianca, senza subire danni, vi farà avere dei ripensamenti, ma se apprezzate le atmosfere dense, terribili, folli e tese, è il gioco che fa per voi.

Pregi

  • horror malato e d’autore (viaggio introspettivo?)
  • sonoro piacevolmente squilibrato
  • atmosfera cupa e folle

Difetti

  • non il massimo della dinamicità
  • si muore frequentemente e spesso i checkpoint/savepoint non sono vicini
  • trama non facilmente digeribile

VALUTAZIONE COMPLESSIVA: 8

La recensione di The Evil Within è stata scritta e curata da FranX per GameStorm.it, pubblicata il 30-10-2014

Commenti sulla recensione (1)

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Commenti
avatar di G-PqV
03-11-2014
G-PqV

Ma Bethesda è il publisher...Quindi poco importa che siano estranei al genere survival horror. Che poi non è nemmeno tanto vero perché certe atmosfere sono orientate in quel senso anche. ad esempio, in un Fallout. Semplicemente hanno sentito odore di soldi e hanno deciso di prendere in carico la pubblicazione del titolo. Penso che questo non abbia la minima attinenza con lo sviluppo del gioco stesso...Sbaglio?

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The Evil Within

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Valutazione del gioco 8

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