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Recensione di Crackdown 2

Titolo: Crackdown 2
Genere: Azione
Console: Xbox 360
Sviluppatore: Ruffian Games
Publisher: Microsoft Games Studios
Data di pubblicazione: 9/07/2010

Ci eravamo lasciati nel lontano 2007, quando un’efficientissima organizzazione segreta chiamata Agenzia riuscì – non senza versare ettolitri di sangue e sudore -  a riportare l’ordine globale in una futuristica città tenuta in scacco da una pletora di gang e divenuta patria indiscussa del caos. Forti di una tecnologia estremamente avanzata e di gingilli elettronici capaci di far impallidire lo staff di James Bond, i prodi Agenti rispedirono la minaccia al mittente riportando Pacific City alla tanto agognata normalità. Uno sporco lavoro, insomma, ma qualcuno doveva pur farlo.

(Not so) Pacific City…

L’esordio sul mercato Microsoft del primo Crackdown fu, per certi versi, un qualcosa di davvero inaspettato: nato a metà strada tra esperimento di un massive sandbox e di veicolo di trasmissione per l’allora desideratissima beta di Halo 3, il titolo dei Realtime Worlds riuscì a ritagliarsi in un tempo relativamente breve una cospicua fetta (quantificabile sulle centinaia di migliaia di players incalliti) di utenti attratti da meccaniche di gioco frenetiche ed incalzanti e da un gameplay immediato capace di catapultare istantaneamente il giocatore nel cuore dell’azione. Certo, l’esplosione del sandbox ha contribuito ad alimentare una tale passione, e nonostante la concorrenza sul genere fosse più che agguerrita (mai sentito parlare di GTA?), la creatura della divisione Games di casa Microsoft superò a pieni voti il proprio battesimo di fuoco, confermandosi una delle IP esclusive di maggior rilievo nel parterre del colosso di Redmond. A poco più di tre anni di distanza siamo dunque pronti a calpestare nuovamente la cruenta polvere delle strade di Pacific City, tornata per l’occasione la peggior città d’America e, come se non bastasse, stretta nella morsa di non una, bensì due minacce letali. Per la serie, il lupo perde il pelo ma non il vizio.
 
A dirigere il timone dei lavori di questo atteso sequel troviamo il giovane team di Ruffian Games, subentrato ai veterani di Realtime che tanto hanno patito per portare sugli scaffali il loro APB. Il lavoro svolto dai Ruffian - duole un po’ dirlo - è una riproposizione delle meccaniche ludiche già osservare tre anni or sono: un action sandbox fatto di ritmo serrato ed estemporaneità, mescolato ai canoni del platform 3D (specie nella ricerca frenetica del collectables) ma che, a fronte di qualche piccolo upgrade/espediente, non aggiunge molto alla già citata ricetta. Ma partiamo con ordine: il canovaccio narrativo di questo Crackdown 2 si dinoccola a distanza di dieci anni dal precedente epilogo, con una Pacific City ripulita dalle numerose gang e letteralmente dominata dall’Agenzia. I problemi, chiaramente, non tardano ad arrivare, ed ecco che un pesante alone di corruzione minaccia l’importante organo difensivo al punto da renderlo malvisto dall’intera popolazione: manca poco all’esplosione della patata bollente, ma un misterioso contagio, che trasforma i normali cittadini nei mostruosi (e affamati) Freaks si diffonde a macchia d’olio nelle strade costringendo i discussi agenti a riprendere le sudate uniformi. Una semplice coincidenza? Assolutamente no: almeno secondo i membri della Cella, un’organizzazione ribelle che vede del marcio dietro l’Agenzia e che farà di tutto e di più per ostacolare il suo operato. Con mostri mutanti da una parte e un esercito di combattenti armati dall’altra, il nostro duro lavoro per ristabilire l’ordine costituito promette faville.
Da un punto di vista prettamente narrativo, la continuità con il capitolo precedente è pienamente mantenuta: è altresì evidente come manchi una certa profondità nello svolgimento degli avvenimenti narrati, alimentando l’impressione di una certa pretestuosità di fondo in un plot volto a dare una collocazione basilare alle nostre gesta e del quale, in più di qualche circostanza, non si sente la mancanza. L’intero background viene esplicato dal solo brevissimo filmato iniziale (precisamente, un medley caotico di notiziari che danno un ordine cronologico alle vicende), e finirebbe per cadere rapidamente nel dimenticatoio se non fosse per la presenza di alcuni secret items (nastri magnetici) sparsi casualmente nella città che narrano alcuni avvenimenti al contorno. Tale sensazione sarà ancora più forte per chi ha provato il precedente episodio, forte di un plot sicuramente più sfaccettato e non certo scevro di dettagli o informazioni. 

Volo libero

Come anticipato poche righe sopra, la meccanica di gioco che sottende a Crackdown 2 ricalca a pieni passi le orme del suo predecessore, offrendo al giocatore un free roaming nudo e crudo chiaramente prodigo di missioni (sparse nei luoghi più disparati della città) alle quali alternare alcuni “minigame” di natura platform e racing, su cui spenderemo alcune parole a breve. Quantità a parte, a saltare rapidamente agli occhi è una chiara ripetitività di fondo nelle missioni della main quest, riassumibili essenzialmente in due tipologie: la conquista di determinati hot spot (i fantomatici detonatori), sorvegliati da un numero ragguardevole di adepti della Cella armati a mò di Rambo e, parimenti, la “resistenza” agli attacchi dei Freaks, da arginare quanto più rapidamente possibile (dato il loro elevato numero su schermo, rischieremmo di fare una brutta fine prima del previsto). Sarà comunque possibile affrontare tali missioni con un minimo di approccio tattico (che, tuttavia, non risolleva l’esperienza ludica dal canonico “spara a tutto quello che si muove”): i combattenti della cella saranno presenti in numero maggiore alla luce del sole, così i Freaks scorrazzeranno più volentieri in  compagnia nelle ore notturne. Risultato, è spesso indicato affrontare i mutanti di giorno, potendo fare affidamento sul loro numero ridotto (badate, ridotto non significa esiguo) e, chiaramente, la conquista dei detonatori più protetti potrà essere più facile ricorrendo ai favori del buio. Non mancano alcune piccole novità innestate in questo schema: sparsi qua e la, saranno presenti degli avamposti armati composti da piccoli nuclei della Cella, sconfitti i quali potremmo godere di nuovi punti di respawn (qualora il lato oscuro dovesse avere il sopravvento) e di nuovi spiazzi da cui chiamare rifornimenti. Per il resto, l’avventura procede (tra un salto e l’altro) con un netto sapore di già visto: di certo, qualche piccola innovazione nei dogmi di gameplay di Crackdown 2 avrebbe giovato all’esperienza collettiva.
Poco di nuovo sotto il sole anche per quanto riguarda la gestione del personaggio: a parte la scarsità degli alter ego a nostra disposizione (quattro personaggi di sesso maschile differenti, il cui unico parametro customizzabile sarà il colore dell’uniforme – anch’esso relegato ad una scelta di quattro tonalità differenti), esso sarà caratterizzato da cinque skill relative al combattimento corpo a corpo, capacità con le armi, abilità con gli esplosivi, guida e agilità. Le prime quattro abilità aumenteranno in relazione al loro utilizzo sul campo (volete diventare dei novelli Schumacher? Semplice, guidate a più non posso per tutta la città!), dando un lieve aroma rolistico alla classica esperienza sandbox. L’agilità segue invece un percorso proprio, vincolandosi alla scoperta delle sfere verdi (500 in totale), disseminate nei punti più impensabili di Pacific City. Maggiore sarà il numero di sfere recuperate, maggiore sarà l’improvement della nostra agilità, permettendoci così di spiccare balzi al limite della fisica galileiana  (tanto in altezza quanto in lunghezza) per raggiungere zone normalmente inaccessibili. Raggiunto il livello massimo di tale parametro (con tanto di evoluzione dell’uniforme stessa), avremo a disposizione una super-tuta che ci permetterà di planare nei cieli: tale scelta, che a conti fatti si configura come la novità principale del gioco, ha permesso di dare spunti di design interessanti, primo fra tutti la possibilità di cimentarsi in sfide a tempo planando/arrampicandosi da un checkpoint all’altro. In queste fasi – dalla matrice dichiaratamente platform - potremo dunque apprezzare l’intricato level design e le ottime scelte stilistiche per la realizzazione di Pacific City: scalare i grattacieli più alti, alternando a autentiche planate alla “No Limits” fasi di free climbing ancora più estremo, dona enormi soddisfazioni.
Se le macchine sono la vostra passione, infine, Crackdown 2 offre una serie di gare automobilistiche che ci metteranno al volante degli avveniristici mezzi dell’agenzia: una mossa astuta da parte dei ragazzi di Ruffian, che dona più varietà ad un’esperienza di gioco altrimenti troppo ripetitiva e che premierà il giocatore con nuovi potenti veicoli, utilizzabili anche nella storia principale. Per la gioia dei Freaks “parcheggiati” sul vostro cofano.

 

La tecnica e la sostanza

Fiore all’occhiello di questa produzione targata Microsoft Studios è un comparto multiplayer preciso e efficace, che esaspera ulteriormente la frenesia insita nell’azione di gioco portandola a livelli davvero ragguardevoli. Ad affiancare la classica modalità on-line in stile Death Match (che metterà sedici combattenti uno contro l’altro, pronti a far polpette degli avversari a suon di granate), è possibile affrontare l’intera avventura di Crackdown 2 in una modalità multi cooperativa (rigorosamente online) fino a quattro giocatori. I collezionisti più agguerriti di sfere verdi potranno così mettere le proprie mani sulle tremende sfere “live”, disseminate con più parsimonia nei livelli (alcune delle quali nascoste in luoghi che definire inaccessibili è limitativo) che per essere raccolte richiedono inderogabilmente la presenza di un secondo giocatore. La presenza di nuove armi e la possibilità di godere di Pacific City in buona compagnia meritano davvero il nostro plauso.
Da un punto di vista strettamente tecnico, un utilizzo seppur valido delle routine di Havok non basta da solo a scrollare di dosso l’impatto visivo che caratterizza Crackdown 2: nulla da dire sulla scelta del cell-shading nella modellazione di personaggi, comprimari e veicoli, tutto sommato in linea con l’esperienza offerta dal titolo. A far storcere il naso è invece la resa complessiva, rea di un look non propriamente next-gen (come ci si aspetterebbe dal sequel di un titolo per Xbox 360) che cade indecorosamente vittima del confronto con altri sandbox più blasonati, quali Assassin’s Creed o il recente Red Dead Redemption. Lungi da noi criticare il lavoro di Ruffian Games, alle prese con il primo gioco “di nuova generazione” (non dimentichiamoci comunque del fatto che la SH scozzese vanta programmatori con alle spalle titoli del calibro di Fable 2 e Project Gotham), ma l’impressione di avere di fronte lo stesso motore grafico del 2007, a meno di qualche rara modifica, accompagna il giocatore dall’inizio alla fine. Meritano comunque il nostro plauso le animazioni dei modelli, sempre fluide e puntuali nonostante l’elevato ritmo di gioco e, soprattutto, la capacità di gestire quasi perfettamente intere schermate ad elevatissima concentrazione di modelli nemici (soprattutto Freaks): qualche occasionale calo di frame rate si fa sentire, ma nel complesso ci si passa sopra senza nemmeno accorgersene. Chiudiamo questa disquisizione tecnica con l’impianto sonoro, con voci interamente localizzate in lingua italiana (a meno di quelle “ambientali”) e un set di sonorità piacevoli e ritmate che ben si mescolano all’animo frenetico che permea Pacific City.

 

Epilogo

Dopo l’inatteso successo di critica e pubblico ottenuto da Crackdown, era più che legittimo aspettarsi un’evoluzione dei contenuti allora proposti consacrando l’IP targata Microsoft e sviluppata dal team di Ruffian come Killer App di pieno rispetto nel parterre di titoli di Xbox 360. Nelle dodici ore di gioco base che attendono il giocatore (destinate ad aumentare drasticamente qualora l’obiettivo fosse quello di sbloccare ogni singolo collectable di Pacific City), tale speranza finisce per rivelarsi tristemente vana, lasciando spazio ad un gameplay sicuramente collaudato ed immediato, ma che nulla (o quasi) aggiunge a quanto introdotto tre anni or sono dall’opera dei Realtime Worlds. Sia chiaro, Crackdown 2 non è affatto un brutto gioco, anzi si dimostra sicuramente efficace ed estremamente piacevole qualora foste alla ricerca di combattimenti incredibili, ritmi al cardiopalmo e caos allo stato puro. Quello che manca, però, è quel quid in più che, in qualche modo, segni l’evoluzione naturale dal primo al secondo capitolo: e se a questo andiamo ad aggiungere il riproporsi di difetti abbastanza pesanti (primo tra tutti, l’assenza di un lock nei combattimenti), l’esibizione di un comparto grafico che seppur affascinante nell’uso del cell-shading risulta chiaramente datato se paragonato alle produzioni attuali, il classico amaro in bocca è davvero dietro l’angolo. Crackdown 2 è sandbox allo stato puro, l’incarnazione della filosofia free roaming che oggigiorno funge da base per creare autentici capolavori. Ma il solo comparto multiplayer (davvero eccellente) non basta a risollevare le sorti di un buon titolo da cui molti, moltissimi giocatori si aspettavano qualcosa di più.

Pro

- Caos allo stato puro
- Numero incredibile di nemici su schermo
- Fasi platform/climbing geniali, ricerca delle sfere verdi galvanizzante
- Multiplayer a 4 giocatori privo di lag ed estremamente divertente

Contro

- Missioni principali alla lunghe ripetitive immerse in una storia poco profonda
- Graficamente datato
- Nulla (o pochissimo) in più rispetto al suo illustre predecessore

VALUTAZIONE COMPLESSIVA 7

La recensione di Crackdown 2 è stata scritta e curata da alberto_dex per GameStorm.it, pubblicata il 07-08-2010

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