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Recensione di Stranger of sword city

Titolo: Stranger of Sword City
Genere: RPG
Piattaforma: PlayStation Vita
Sviluppatore: Experience
Publisher: Indipendente
Data di uscita: 29 aprile 2016

Immaginate, un giorno apparentemente come tanti altri, di imbarcarvi su un volo dal Giappone all’Alaska. A parte il dubbio che potrebbe venire, che tanto normale quel giorno non possa essere se proprio alla fine dell’inverno decidete di assaporarvi un’altra tranche di freddo e gelo.

Gioco della sorte, quel freddo fuori stagione non lo percepirete in quanto l’aereo, alla sua destinazione programmata, non ci arriverà mai, bensì si schianterà al suolo di una dimensione parallela, dove voi sarete l’unico sopravvissuto, tanto da guadagnarvi la fama di eletto.

Sarà proprio nei dintorni di Sword City che riprenderete conoscenza, una landa dove la limitata attrazione gravitazionale vi verrà in aiuto, consentendovi di indossare armature pesanti e brandire armi che altri abitanti del luogo non potrebbero nemmeno sollevare. Queste capacità speciali vi faranno guadagnare il nome di Stranger, e vi attribuiranno l’incarico di proteggere la città da alcuni mostri che da un po’ minacciano gli abitanti. Una volta abbattuti gli esseri immondi dovrete inoltre recuperare le sfere che abbandoneranno, altrimenti di rianimeranno magicamente dandovi di nuovo fastidio.

Anime western

Si inizia con l’editor che vi consente di costruire il vostro personaggio, che si rivela ampio e zeppo di opzioni che vanno dall’età (la quale influisce anche sulle statistiche), le razze, le capacità e così via. Potrete anche scegliere tra due diversi stili di rappresentazione del vostro alter ego, tra uno tipicamente anime e un altro con influenze western tutt’altro che velate.

Quindi si passa alla creazione del party, che potrà essere composto fino a 6 elementi tra i soliti guerrieri, maghi, medici e così via, di cui tre si posizioneranno in prima fila per gli attacchi corpo a corpo e per difendere, mentre gli altri tre staranno in seconda fila pronti a sferrare attacchi a distanza.

Il gameplay si ispira chiaramente ai titoli di anta anni fa, con addirittura una fase di esplorazione in prima persona che, come meccaniche e movimenti, è del tutto simile a quanto abbiamo assaporato in Doom (per coloro che se lo ricordano).

Il gioco è articolato sui classici turni, nei quali potrete attaccare, difendere, utilizzare oggetti e pozioni, oppure addirittura decidere di ritirarvi qualora tirasse una gran brutta aria, mitigando così una disfatta annunciata. Le azioni verranno decise all’inizio di ogni turno, e per velocizzare il ritmo di gioco potrete decidere di ripetere l’ultima sequenza con la semplice pressione di un tasto, opzione non raccomandata nel caso affrontiate mostri non troppo conosciuti.

Agguato

Tra un combattimento e l’altro vi toccherà quindi girovagare per i dungeon, che prendono la forma arzigogolata di claustrofobici labirinti pieni zeppi, manco a dirlo, di trappole, segreti, scorciatoie e stanze. Dentro queste ultime avrete la possibilità di nascondervi per veder apparire gruppi di mostri che portano al seguito bottini più o meno sostanziosi, che potrete decidere di depredare correndo i rischi del mestiere (questo è il sistema Ambush). Attenzione però che aspettare nell’ombra per sbucare al momento opportuno nasconde l’insidia di poter essere scoperto, facendovi affrontare un combattimento in netta posizione di svantaggio.

Un’ultima nota se la merita l’importanza della città, ambiente in cui potrete curare i vostri compagni di viaggio, raccogliere informazioni sui mostri, ma soprattutto è l’unico luogo dove potrete salvare i progressi della vostra partita.

Tecnicamente datato

Tecnicamente il gioco appare con uno stile evidentemente dark, caratterizzato da una grafica tridimensionale piuttosto datata, mentre i combattimenti si fondono con le più classiche visual novel, con tanto di lunghissimi dialoghi (rigorosamente in lingua giapponese, sottotitolati in italiano), il tutto vivacizzato da una colonna sonora che ben si amalgama nell’economia generale del gioco. Il tutto appare comunque inadeguato per il sistema PsVita che lo ospita.

Peccato infine per la narrativa, che si sforza poco di coinvolgere il giocatore come invece siamo stati abituati in molti altri titoli che provengono dal paese del sol levante.

In conclusione

Stranger of Sword City è un RPG di vecchio stampo, in cui alle fasi di esplorazione in prima persona (in perfetto stile Doom) si aggiungono combattimenti con party di 6 combattenti, tanti abbastanza da donare spessore tattico ad ogni turno. L’aggiunta di alcune caratteristiche peculiari (come il sistema di agguati, l’Ambush) donano personalità a un gameplay tutto sommato divertente.

Peccato per un comparto tecnico datato e per una narrativa solamente abbozzata, che fanno percepire il gioco come un lavoro completato a metà.

Pregi

  • Gameplay con spunti interessanti
  • Personalizzazioni infinite

Difetti

  • Tecnicamente datato

VALUTAZIONE COMPLESSIVA: 7

La recensione di Stranger of sword city è stata scritta e curata da monsteruno per GameStorm.it, pubblicata il 29-12-2016

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