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Recensione di Trine 4: The Nightmare Prince

Titolo: Trine 4: The Nightmare Prince
Genere: Platform Action RPG
Piattaforma: PlayStation 4, Xbox One, Nintendo Switch. PC
Sviluppatore: Frozenbyte
Produttore: Modus Games
Data di uscita: 8 ottobre 2019

Fantasy fantastico, finalmente

È buio. Vi svegliate in una cella umida e soffocante. Un rumore sopra di voi: un misterioso cavaliere vi lancia una chiave. Siete liberi. Chi siete? Solo un ammasso di carne putrida senza ricordi né scopo. Da lì in poi sarà un avventurarsi nell’ignoto, cercando di sopravvivere a terribili nemici assetati del vostro sangue, trappole nascoste e cadute mortali, il tutto alla ricerca di quelle misteriose campane di cui vi è stato narrato.

Questa è l’introduzione di Dark Souls, il gioco che ha ridato linfa vitale al genere dark fantasy. Un mondo ostile in cui il giocatore è solo spettatore di una decadenza inesorabile, le cui rovine parlano di terribili cataclismi e guerre tra dèi di magnitudine inconcepibile. Da qui è partito un nuovo filone, tra brutti cloni (Lords of the Fallen) e ottimi allievi (Hollow Knight) del maestro Miyazaki.

Tutto questo NON È Trine. Perché Trine è l’esatto opposto: un mondo fantasy colorato e rilassante, un viaggio pieno di meraviglia tra foreste, castelli e paludi che sembrano usciti non dalla mente malata di un emo depresso ma dai vecchi classici Disney. E in un certo senso, in un mercato sempre più saturo di giochi maturi e violenti, è sempre una brezza di aria fresca ritornarci.

Un fulmine a ciel sereno

Dopo la delusione di Trine 3, caratterizzato da uno sviluppo tormentato da mancanza di budget che ha causato una durata infima e un finale prematuro (dopo pochissime ore di gioco, proprio mentre la trama iniziava!), questo quarto capitolo spuntato fuori quando ormai le speranze morivano rappresenta sia una sorpresa che una scommessa. Le vendite ci diranno se riuscirà a risollevare la saga, ma son felice di poter dire che dal punto di vista qualitativo Frozenbyte ha saputo tornare ai tempi del bellissimo secondo capitolo. Scartati fortunatamente gli esperimenti del 3D del terzo, si torna finalmente al classicissimo 2,5D caratterizzato da fondali animati ma un movimento su due soli assi.

Sono proprio i paesaggi a essere da sempre il punto di forza e la caratteristica più notevole della saga: così ricchi di dettagli e movimento da necessitare più di una volta di fermarsi ad ammirarli (e magari fare due o settanta screenshot), Trine 4 andrebbe giocato anche solo per quelli, facendosi accompagnare dalle rilassantissime musiche. Il progresso grafico è notevole e siamo di fronte a quello che è sicuramente il fantasy più bello da vedere dell’anno, tra colori saturi sparati sullo schermo e un bloom marcatissimo, uniti a uno stile cartoonesco tondeggiante e quasi privo di linee dritte. Il viaggio dei protagonisti tra il mondo della veglia e le sezioni d’incubo permette agli sviluppatori di offrire scorci sempre vari e sempre più bizzarri, anche se si sarebbe potuto osare un po’ di più su quel versante.

Onirico, perché come dice il titolo il tema sarà l’incubo. La trama dei Trine è sempre stata accessoria, ma non per questo brutta, anzi. In questo caso i nostri saranno all’inseguimento di un principe fuggitivo tenuto sin dall’infanzia prigioniero all’accademia di magia, rinchiuso a causa del suo potere di manifestare involontariamente i propri e gli altrui incubi, per trarlo in salvo da sé stesso e riportarlo indietro. La storia non ha grandi picchi o dilemmi, né tantomeno colpi di scena: come il resto del gioco, è quanto di più confortevolmente classico e normale si possa immaginare. Ciò nonostante le cutscene sono buone, i personaggi ben doppiati sia in inglese che in italiano (anche se spesso troppo enfatici) e le loro interazioni sono sempre divertenti, con piccole chicche come battute sui vestiti ridicoli dei giochi precedenti o sulla professione principale dei protagonisti.

The boys are back in town

Come già detto, il ritorno al 2,5D marca un passo indietro notevole che riporta il gameplay al secondo e miglior capitolo. Di nuovo ci si troverà nei panni dei tre eroi del Trine: Zoya la ladra (ma in fondo è colpa loro che son ricchi!), Amadeus il mago, fragile e succube della sua numerosa famiglia, e Pontius il guerriero, il cui coraggio è secondo solo al suo stomaco. Ognuno di loro ha la sua versatilità: la prima si muove rapida col suo rampino e scaglia frecce, qui di diverso tipo elementale, per superare gli enigmi; il secondo può spostare gli oggetti con la magia e crearne dal nulla, costruendo così cubi, sfere e più avanti nel gioco piattaforme metalliche, e sarà sempre la prima scelta per creare percorsi verso aree apparentemente irraggiungibili: il terzo infine è basato sul combattimento, anche se possiede alcune abilità legate allo scudo che sono state ben inserite nei puzzle, come deviare il corso dell’acqua corrente o riflettere la luce. Lo scambio fra i personaggi è istantaneo, in modo tale da poter sfruttare tutte le loro abilità una dopo l’altra, anche a mezz’aria se necessario. Questa versatilità unita al buon motore fisico comporta come anche nei vecchi capitoli una certa libertà di approccio ai puzzle, con soluzioni alle volte fin troppo fantasiose che sfruttano al millimetro il sistema di collisioni e le varie abilità avanzate dei personaggi, quando non addirittura qualche glitch ed exploit. In generale però il sistema rimane stabile e la soluzione chiara, almeno sul percorso principale.

Principale perché, escluse le numerose aree segrete, Trine è sempre stato un cammino lineare su cui si procede abbastanza spediti. Il livello di difficoltà è piuttosto basso e accessibile pure a chi non ha voglia di scervellarsi coi puzzle, e nemmeno le poche fasi di combattimento che si incontrano qua e là sollevano la situazione: oltre a una certa banalità a causa dei pochi approcci offensivi dei personaggi e ai pochissimi nemici, il game over è pressoché impossibile anche in modalità più difficili grazie ad una lentezza dei nemici che non riesce a tenere il passo con il giocatore, oltre a certe armi decisamente troppo potenti come le frecce di ghiaccio. Stesso discorso vale per l’esplorazione: il game over può essere completamente rimosso con un’apposita opzione nel menu, qualunque esperimento andato a male e caduta nel vuoto verranno corretti un attimo dopo con il protagonista che si ricarica per qualche secondo prima di poter essere selezionato nuovamente. Scelta che però, sempre nell’ottica del gioco rilassante e poco esigente, risulta azzeccata.

Se proseguendo con i livelli il combattimento rimarrà bene o male identico, almeno gli enigmi vedranno un aumentare di complessità non indifferente. In più di una sezione mi è capitato di soffermarmi di fronte a un ostacolo insuperabile e doverci spendere qualche minuto, anche a causa di una serie di tecnichepiù complesse del late game (come la corda levitante e i magneti) che andranno combinate tra loro e richiederanno più di un tentativo per essere decifrate a dovere. Ogni livello inoltre ha uno o più gimmick: luce, neve, funghi gommosi, portali (con tanto di proprietà fisiche prese di peso da Portal!) e così via, che verranno presentati a inizio livello per poi essere sfruttati in larga scala più avanti, anche a gruppi. Le combinazioni sono numerosissime, con addirittura alcune “combo” che richiedono abilità completamente opzionali.

Trine 4 ha infatti uno skill tree, in cui coi punti trovati durante l’esplorazione si potranno acquisire nuove abilità di vario tipo, legate al combat ma non solo. Saranno solo le abilità secondarie ad essere acquistabili, quelle principali verranno sbloccate di volta in volta al cambio di livello (o durante lo stesso). Raccogliere i collezionabili nascosti diventa quindi funzionale a sbloccare nuovi punti, che saranno comunque decisamente abbondanti e non costringeranno a dover scegliere tra più abilità: a fine storia ne avrete persino da buttare.

Fine storia che si raggiunge dopo una decina di ore circa: qualcosa in più se si è poco avvezzi con la saga o si vuole dar bene la caccia ai collezionabili e alle aree nascoste, qualcosa in meno se si procede spediti seguendo solo la trama. In ogni caso siamo ben lontani dal gioco monco che era il 3, e la durata risulta più che soddisfacente. Lascia addirittura con un retrogusto amaro, il finale arriva un po’ troppo all’improvviso: se ne vorrebbe di più. Per fortuna uno spiraglio rimane aperto per un eventuale quinto capitolo.

Ultima nota: la recensione per via di tempistiche e logistica riguarda soltanto il comparto single player del gioco, che presenta anche un multiplayer co-op, sia in locale che online fino a quattro giocatori, interessante feature di cui speriamo di poter scrivere in futuro.

In sintesi:

A conti fatti: Trine 4 è esattamente ciò che un fan della saga si può aspettare, niente di più, niente di meno. Un gioco facile, bellissimo da vedere e ascoltare, che nasconde una discreta complessità negli enigmi e un’ottima settimana di gioco per gli appassionati dei puzzle platform. Se volete un’esperienza rilassante e confortevole per staccare dai drammi di Kratos, Joel o l’imminente Sam Bridges di Kojima, Trine 4 è proprio ciò che fa per voi. Se invece proprio non riuscite a vivere senza dolore e sofferenza, tornate al primo paragrafo e valutate di rigiocare per l’ennesima volta Dark Souls.

Pregi:

  • Bellissimo da vedere e sentire.
  • Enigmi molto vari.
  • Prezzo budget da titolo AA.

Difetti:

  • Nessuna novità di rilievo.
  • Molto, fin troppo facile.
  • Combat semplicistico e ripetitivo.

VALUTAZIONE COMPLESSIVA: 8

La recensione di Trine 4: The Nightmare Prince è stata scritta e curata da DavideSecondoMulas per GameStorm.it, pubblicata il 03-11-2019

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