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Recensione di God of War

Titolo: God of War
Genere: Action
Piattaforma: PlayStation 4
Sviluppatore: Santa Monica Studio
Produttore: Sony
Data di uscita: 20 aprile 2018

 

“Questo solo è negato a Dio: disfare il passato”… (Aristotele)

… E nessuno può eliminarne il ricordo. L’epopea di Kratos ha accompagnato la formazione videoludica di chiunque fosse in possesso di una console Sony dal 2005, con il primo God of War, al 2013, con GoW: Ascension.

Il team di sviluppo principale Santa Monica, su PlayStation 2 e PS3, e Ready at Dawn (gli stessi di The Order: 1886), su PSP, hanno sempre offerto prodotti di grande qualità, capaci di attrarre tipologie di player differenti: gli amanti delle storie eroiche, della brutale violenza, delle avventure basate sull’orgoglio e sulla sete di vendetta, dell’adrenalina, del button-mashing, delle combo, degli enigmi ambientali, del pathos costante e crescente, della mitologia, dell’estetica, i portabandiera delle esclusive della propria console, i curiosi possessori della piattaforma concorrente.

Se, a questi, sommiamo anche i “detrattori” possiamo affermare con certezza che il brand GoW rappresenta uno dei più conosciuti di tutta la storia dei videogame: nel bene e nel male, il Fantasma di Sparta non necessita di presentazioni.

Per tale motivo siamo balzati sulla sedia all’apparizione inaspettata della “nuova” figura di Kratos mentre, comodamente seduti davanti al PC, osservavamo tra colleghi la conferenza Sony all’E3 del 2016.

Per la stessa ragione il pubblico losangelino ha accolto con un fragoroso boato il ritorno del passato, di un’immagine indelebile nel cuore dei giocatori, tanto violenta quanto affascinante, incarnazione della rabbia e della sete di vendetta ma, allo stesso tempo, portatrice di valori quali l’onore e la famiglia (vabbè… più o meno… tra una peripezia e l’altra qualche parente “divino” massacrato ci può stare, suvvia, non siate fiscali).

Tale incredibile entusiasmo era altresì avvolto da lecite paure: il passato non si può “disfare” … ma il presente e il futuro possono assimilarne il ricordo percorrendo un nuovo cammino sulle proibitive terre di un simil-reboot presentato come sequel?

“La saggezza del padre è il più grande ammaestramento per i figli” (Democrito)

La fine di God of War III può essere considerata il punto di svolta caratteriale di Kratos: compiuta la propria rivalsa contro gli Dei dell’Olimpo, il Fantasma di Sparta si trafigge, dinanzi ad Athena, liberando, per la salvezza dell’umanità, il potere della speranza.

“È la speranza che ci da forza, che ci fa lottare; è la sola cosa che ci resta quando tutto è perduto.”

Libero dall’oppressione della sete di vendetta, deve ora trovare la forza di convivere con i propri demoni.

È questo preciso momento che da vita al nuovo Kratos, quello che si rifugia nelle fredde e pacate Terre del Nord, lontano dal proprio tormentoso passato. A diversi anni di distanza dagli eventi di GoW 3, è accompagnato nella nuova avventura dal figlio Atreus, avuto dalla compagna Faye.

Il prologo del game vede proprio i due protagonisti organizzare la cremazione della donna, venuta a mancare poco tempo prima. Pur non comparendo mai, la sua figura fondamentale dà inizio e trascina l’intera avventura: Kratos e Atreus devono rispettare il suo ultimo desiderio, ovvero che le sue ceneri vengano sparse sulla montagna più alta dei Nove Regni.

Riteniamo sia opportuno che viviate le vicende in prima persona, senza nessun tipo d’introduzione superflua: il lavoro di narrazione e sceneggiatura fatto da Santa Monica è magistrale e si lascia godere, dall’inizio alla fine, senza perdere mai ritmo. In qualsiasi momento, anche nelle fasi di esplorazione o di backtracking, personaggi primari e secondari arricchiscono il plot in modo ottimale, mai superfluo e sempre interessante, testimonianza, tra l’altro, di un profondo studio della mitologia norrena.

Inoltre, accanto a quella che possiamo definire “main-quest” si apre una buona quantità di missioni secondarie, ad esempio i favori per i due Fabbri Nani, Brok e Sindri, ognuna delle quali è ben strutturata e differente dalle altre.

Il nuovo God of War è un viaggio emotivo che ruota attorno al legame padre-figlio, ai fantasmi del passato, ai valori della famiglia, al rispetto, all’autocontrollo e a come sia labile la soglia che separa giusto e sbagliato quando si è consapevoli del proprio grande potere, della propria essenza divina.

Il tutto è arricchito dal diario di Atreus, di facile lettura e mai pesante, nel quale il giovane raccoglie tutte le informazioni “extra” (oltre alle principali) in modo simpatico e diretto.

La longevità si attesta intorno alle 20 ore per quanto riguarda la trama principale ma aumenta in base al tempo dedicato alle secondarie e alla difficoltà selezionata. Inoltre, qualora durante la run si decidesse di concentrarsi solo sulla main-quest (lo sconsigliamo), è possibile recuperare quanto lasciato per strada durante il viaggio, grazie ad un corposo post end-game.

Analizzando il finale, pur trattandosi di una storia autoconclusiva, è evidente come l’intenzione del team di sviluppo sia quella di portare avanti la saga proseguendo sulla strada della mitologia norrena.

“La rabbia è una follia momentanea, controllala o essa controllerà te.”  (Omero)

Se già sotto l’aspetto narrativo si avverte la nuova “anima” della saga, è dal punto di vista del gameplay che si può considerare God of War un’opera molto simile ad un reboot.

L’intento di Santa Monica di consentire maggiore immedesimazione in una vicenda più emotiva, rispetto a quelle “furiose” del passato, si manifesta anche attraverso il cambio della visuale: l’inquadratura fissa sull’ambientazione, quasi isometrica, più adatta ad un setting hack ‘n’ slash cede il posto a una prospettiva alle spalle di Kratos.

Il frenetico e riuscito button-mashing, con combo a suon di quadrato e triangolo, viene sostituito da un combat system ben più articolato e ragionato, fatto di attacchi, parate, parry, schivate e mosse speciali.

Completamente diverso ma altrettanto divertente, il nuovo sistema di combattimento si allinea a quello di altre produzioni di questa generazione, riuscendo ad assimilarne gli elementi positivi ma, allo stesso tempo, rendendoli propri e originali.

Abbandonato il doloroso passato anche per quanto riguarda l’equipaggiamento, Kratos ora fa affidamento all’ascia magica donatagli dalla compagna, il Leviatano. Questa causa danni fisici ed elementali di tipo ghiaccio e ha l’abilità di ritornare al proprietario una volta lanciata, in modo simile al Mjǫllnir, il martello di Thor. Con la pressione di R1 e R2 è possibile effettuare attacchi ravvicinati rispettivamente deboli e forti, mentre in combinazione con il dorsale e il grilletto sinistro si eseguono le offensive a distanza e si attivano le abilità speciali. La difesa è affidata al tasto L1 che trasforma il Bracciale del Guerriero nello Scudo del Guardiano e, se premuto con il giusto tempismo, consente di attivare le parry, mentre la schivata è eseguibile con il tasto X.

Alcuni nemici, sono immuni al gelo ed è necessario combatterli a mani nude o con un’arma che viene sbloccata a circa metà dell’avventura.

Ogni comando, inoltre, gode di funzionalità differenti a seconda del tipo di pressione che si distingue in rapida, prolungata o subito seguente ad una pausa.

Sono presenti anche le iconiche sequenze quick-time-event, seppur in numero molto inferiore rispetto quanto offerto dalla trilogia originale, e relegate alle “finisher” brutali dei nemici o all’interazione con determinati oggetti.

L’energia vitale di Kratos è indicata da una barra verde mentre quella gialla sottostante rappresenta la “Furia di Sparta”, una sorta di modalità berserker, attivabile con la pressione simultanea di R3 ed L3, che consente per un breve periodo di sferrare attacchi devastanti e ricaricare la propria “vita” senza subire danni.

L’offensiva a distanza può contare anche sul supporto di Atreus, equipaggiato con l’arco Artiglio e due tipi di frecce, di Luce e del Tuono; il giovane agisce autonomamente ma può essere “invitato” al combattimento attraverso il tasto Quadrato.

Il team di sviluppo ha realizzato un’ottima gestione in stile RPG dei protagonisti, del loro equipaggiamento e delle loro abilità: è possibile (e opportuno) potenziare Kratos e suo figlio, modificando e migliorando armi, armature e talismani, inserendo al loro interno rune e castoni (ottenuti nel corso dell’avventura) o spendendo una determinata quantità di Argento e/o Punti Esperienza e, ai livelli più avanzati, servendosi di precisi materiali.

Le skills utilizzabili in combattimento, inoltre, sono gestite da tre (poi quattro) alberi abilità e sono attivabili in base al livello raggiunto da ciascun arma.

Sono presenti anche diversi enigmi ambientali, ben strutturati in termini di level-design ma meno affascinanti di quelli offerti dai capitoli precedenti.

Per quanto concerne la varietà dei nemici, Santa Monica ha realizzato un ampio bestiario che spazia dalle tante tipologie di “Primordiali” come i non-morti Draugr, ai “Seidr” corrotti dalla magia, tra cui Incubi e Redivive, passando per le “Bestie”, ad esempio Lupi e Orchi, i Troll e perfino i Draghi.

God of War ha, inoltre, le caratteristiche di un “metroidvania”: ci si ritrova ad esplorare le stesse zone più volte, sbloccando percorsi nuovi grazie alle abilità ottenute durante lo svolgimento della main-quest.

L’offerta si arricchisce con una discreta abbondanza di collezionabili, prove/sfide da completare e sei regioni da esplorare: l’ampissima Midgard (principale sede dell’avventura), Alfheim, Helheim, Jötunheim, Muspelheim e Niflheim. Queste ultime due propongono meccaniche di gioco differenti dalle altre ma riteniamo sia più opportuno che le scopriate in modo autonomo; sappiate solamente che avranno importanza per alcune quest secondarie, il farming e il miglioramento di abilità ed equipaggiamento.

Meno soddisfacenti, invece, le boss-fight principali, forse l’unico elemento la cui qualità è inferiore a quella del resto della produzione.

Segnaliamo, infine, l’assenza di un NG+ che, vista la possibilità di scegliere un livello di difficoltà “proibitivo”, sarebbe stato più che gradito per affrontare le ostiche sfide di “Il Vero God of War” mantenendo i progressi ottenuti nella prima run.

Le bellezze del Nord

Le nuove avventure di Kratos godono di un ottimo impatto visivo. Buono sul lato tecnico e superlativo su quello artistico, God of War è un piacere per gli occhi. Le ambientazioni, varie e dettagliate, presentano modelli poligonali e texture di qualità e, grazie a un attento lavoro sugli effetti ambientali e sui particellari, il team di sviluppo è stato in grado di mascherare sapientemente gli elementi meno definiti e quei problemi che, in titoli di tale ampiezza, sono spesso presenti. Costanti nebbie offuscano l’orizzonte, consentendo al motore di gioco di risparmiare le risorse investite sulla quantità di dettaglio della profondità di campo, evitando fenomeni di pop-up, al fine di proporre un miglior rendimento grafico sulla scena nelle immediate vicinanze dei protagonisti.

Le sei regioni accessibili sono caratterizzate a dovere attraverso la scelta di pattern cromatiche differenti che ben identificano la tradizione norrena dei diversi mondi.

Le animazioni dei personaggi principali e secondari e delle creature che popolano le terre del nord sono numerose, fluide e sempre credibili, sia che si tratti della semplice raccolta di un oggetto che di un’arrampicata o di un combattimento.

Un piccolo appunto va fatto all’assenza di PNG di semplice contorno: nonostante l’avventura sia ambientata in luoghi inospitali, sorprende non vedere nemmeno un viandante o un centro abitato per le strade di Midgard.

Sotto l’aspetto “prestazioni” iniziano ad emergere i limiti della piattaforma e, nella nostra prova su PS4 Standard, il titolo soffre di cali di frame-rate spesso evidenti a cui si aggiungono alcuni “freeze” fortunatamente non riscontrati in momenti di azione decisivi.

Ottimo il doppiaggio in lingua originale per Kratos e Atreus mentre, la voce italiana di quest’ultimo è leggermente troppo matura e non rispecchia la tenera età del personaggio.

Buona anche la soundtrack, accattivante e capace di enfatizzare le variazioni emotive dell’avventura.

In sintesi:

God of War è, senza dubbio, la miglior esclusiva per PlayStation 4 e, probabilmente, l’opera più “efficace” dell’attuale generazione videoludica: ben strutturata e coinvolgente a livello narrativo, varia e divertente sul lato prettamente ludico, esteticamente ottima. Unisce le caratteristiche di un sequel a quelle di un reboot: un connubio finalizzato a “modernizzare” le avventure di Kratos, rendendole più adatte alle “esigenze” attuali, e capace, allo stesso tempo, di non intaccare il carisma del passato. Rappresenta il punto di partenza per la nuova saga di God of War con la speranza che i capitoli futuri possano offrire la medesima qualità (se non addirittura superiore). Ci sembra superfluo dirlo: Santa Monica ha forgiato un titolo che non può mancare nella collezione dei videogiocatori.

Pregi:

  • Trama coinvolgente forte di un’ottima sceneggiatura.
  • Combat-System vario e bilanciato: è divertente e mantiene un giusto e progressivo livello di sfida.
  • Ottimo colpo d’occhio grazie, principalmente, ad un sapiente lavoro sul lato artistico e sui filtri.
  • Sonorità, soundtrack e doppiaggio in lingua originale degni di nota.

Difetti:

  • Ci saremmo aspettati boss-fight (principali) più epiche.
  • La fluidità non è garantita, con cali di frame-rate talvolta evidenti.
  • Il doppiaggio italiano di Atreus non ha la stessa qualità di quello originale.

VALUTAZIONE COMPLESSIVA: 9,5

La recensione di God of War è stata scritta e curata da G-PqV per GameStorm.it, pubblicata il 10-05-2018

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