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Recensione di God Eater 3

Titolo: God Eater 3
Genere: Action RPG
Piattaforma: PlayStation 4 (testata), PC
Sviluppatore: Marvelous First Studio
Produttore: Bandai Namco
Data di uscita: 8 febbraio 2019

Riprende la caccia agli Dei

La serie God Eater rappresenta la risposta di Bandai Namco al successo Capcomiano Monster Hunter, apparsa a più riprese sulle console portatili di Sony (e PC), poi approdata nel 2016 sulle console di ultima generazione con la versione rimasterizzata dei primi due capitoli della serie. I punti di forza di tali produzioni erano una narrativa profonda e mai scontata e un gameplay solido, basato su un’azione frenetica e divertente.

Dal terzo capitolo della serie ci si aspettava un balzo di qualità capace di togliere il sonno ai produttori della Capcom. Vediamo se Bandai è riuscita nel suo intento.

Apocalittico

Quella di God Eater 3 è una Terra caratterizzata da uno scenario post apocalittico, flagellata da un fenomeno atmosferico che impedisce agli esseri umani di vivere sulla superficie terrestre, costringendoli quindi a rifugiarsi nel sottosuolo.

L’esterno, contraddistinto da colori drammatici e particolarmente gravi, si trova ad essere popolato dagli Aragami, una forma di divinità che assume spesso e volentieri i contorni di spaventosi giganti, che solo la genetica ha saputo minacciare con un gruppo di umani opportunamente potenziati, i God Eater, appunto. Solo loro, infatti, riescono nell’intento di dare la caccia a cotanti bestioni i quali depredano con facilità ogni essere umano.

A gestire i God Eater ci pensa la Gleipnir, un’organizzazione che non lesina a sfruttare le loro creature come se fossero schiavi, liberandoli solo all’occorrenza per portare a termine le missioni. Ma, come in ogni storia che si rispetti, qualcosa non va secondo i piani: uno dei soldati, affiancato dai compagni di missione, decide di scappare dal suo destino.

Ovviamente voi rivestirete proprio il ruolo del protagonista: dopo una breve fase di personalizzazione del suo aspetto esteriore, sarete buttati nella mischia per sfogare la vostra ira repressa contro i mostri deformi.

Missioni da pianificare

Quella appena raccontata è la trama di God Eater 3 (interamente doppiata in inglese o giapponese, e sottotitolata in italiano con, tuttavia, non poche imprecisioni) che non lesina a mostrare qualche stereotipo di troppo a cui aggiungiamo la scarsa interazione del vostro personaggio, il quale si mostrerà sempre inespressivo e inspiegabilmente muto. Questo ci porta a dire che si sarebbe potuto fare di più in termini di caratterizzazione del personaggio.

Il gioco propone una fase preparatoria alla missione in cui dovrete dialogare con i vostri compagni, selezionare e potenziare le armi e quindi accettare l’incarico. Organizzare opportunamente la missione è di fondamentale importanza per trovarsi preparati una volta buttati nella mischia; questo richiede molto tempo, spesso e volentieri confrontabile con quello che la missione stessa vi impegnerà. Ciò non significa che prevalga la noia: a parte alcune fasi in cui dovrete andare avanti e indietro gestendo dei dialoghi obbligatori per proseguire, in genere la preparazione nasconde una profondità notevole.

Ripetitivo

La trama principale evolverà man mano che porterete a termine le missioni principali, alle quali si affiancano quelle facoltative, per un totale di un centinaio di incarichi che, nel complesso, vi terranno impegnati per una ventina di ore totali. Ogni singola missione, infatti, durerà una decina di minuti al massimo e il livello di difficoltà percepito non sarà mai elevato, a testimonianza di come il gioco mantenga l’impostazione tipica delle console portatili.

Il gioco in sé consiste nel raggiungere l’obiettivo, eliminarlo, tornare alla base per riscuotere il compenso associato al voto, prepararsi di nuovo e tornare nella mischia. Oltre ciò, non si vede nient’altro: nessuna fase di esplorazione degna di nota, nessuna interazione con il mondo di gioco. A dirla tutta, anche la varietà delle missioni si rivela poco marcata, e il fatto che siano ambientate nelle medesime location, una decina scarsa, non aiuta a percepire meno ripetitivo il gioco.

Frenetico

La parte migliore del gioco è sicuramente il gameplay: se si è disposti a chiudere un occhio per una mappatura dei comandi piuttosto complicata e tale da richiedere una certa familiarità da parte dell’utente, soprattutto a causa di doppie funzioni associate allo stesso pulsante, il gioco si rivela comunque piuttosto tecnico e profondo. Presenta una buona varietà ludica, offerta dalle tante armi disponibili (che tra l’altro possiedono la capacità di mutare magicamenteda arma di taglio ad arma da fuoco, quest’ultima che necessita di un buon livello della barra designata, da riempire con attacchi corpo a corpo), tutte caratterizzate dalle loro statistiche di danno inferto, velocità e raggio d’azione.

Anche i nemici sono piuttosto ben definiti, ciascuno con le proprie debolezze e i suoi punti di forza; inoltre, riservandogli attacchi mirati, li vedrete arrancare con conseguenze riscontrabili nel prosieguo della lotta, come ad esempio una limitata mobilità nel caso in cui abbiate colpito un arto inferiore e così via.

La nota più positiva deriva dal lavoro fatto dal team di sviluppo nell’alleggerire un gameplay che, soprattutto dopo aver pubblicato il secondo episodio, era stato attaccato in quanto troppo macchinoso e differente rispetto al primissimo episodio della serie (quello che si rivela essere il più frenetico e divertente). Da qui la rivisitazione delle meccaniche di gioco al fine di tornare ai fasti del passato.

Ad arricchire il combat system c’è la novità della "picchiata", una mossa che permette di attaccare con rapidità i nemici (specialmente se in ritirata), nonché di muoversi a grande velocità nella direzione voluta.

Arretrato

Tecnicamente il gioco si rivela inadeguato, specialmente se confrontato con gli esponenti contemporanei della serie rivale: i mostri non sono male ma tutto il resto mostra una povertà di poligoni disarmante; stesso discorso per la staticità di abiti e capelli e la legnosità delle animazioni, caratteristiche non proprio belle da osservare.

Se a tutto ciò aggiungiamo ambientazioni spoglie e prive di ogni qualsivoglia possibilità di interazione, si capisce come il comparto grafico di questo God Eater 3 sia nel complesso deludente. Per fortuna non si manifestano cali di frame-rate.

Chiudiamo con il multiplayer, che vi consentirà di affiancarvi a 3 o 7 amici rispettivamente al fine di completare le missioni della campagna principale e altre sfide. Il net-code funziona in modo convincente e permette a vari giocatori di affiancarsi nel dare la caccia a nemici particolarmente ostici.

In sintesi:

God Eater 3, dopo un paio di episodi ideati per le console portatili di casa Sony, esordisce per la prima volta con un terzo titolo dedicato alla console stazionaria, ma fallisce l’obiettivo di convincere prevalentemente a causa della mancata rivoluzione del comparto tecnico, decisamente arretrato. Un gameplay rivisitato per tornare alla frenesia e alla profondità che aveva contraddistinto il primissimo capitolo, con anche qualche aggiunta di rilievo come la Picchiata, fa dimenticare le difficoltà patite a causa di una mappatura dei comandi rigida e poco intuitiva. Peccato per un comparto grafico non all’altezza della situazione, per una ripetitività di base e per la scarsa varietà del titolo.

Pregi:

  • Gameplay profondo e convincente.
  • Narrativa immersiva.
  • Notevole profondità di personalizzazione.

Difetti:

  • Tecnicamente da rivedere.
  • Ripetitivo.
  • Comandi non customizzabili e poco intuitivi.

VALUTAZIONE COMPLESSIVA: 6

La recensione di God Eater 3 è stata scritta e curata da monsteruno per GameStorm.it, pubblicata il 19-02-2019

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