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Recensione di Code Vein

Titolo: CODE VEIN
Genere: Action-RPG in terza persona
Piattaforma: Xbox One/ PlayStation 4 (Testata) / PC
Sviluppatore: Shift
Produttore: Bandai Namco Entertainment
Data di uscita: 26 settembre2019

Dark Souls, ma più kawaii

Bandai Namco è un publisher che non ha bisogno di presentazioni. Sotto la sua etichetta sono stati pubblicati capolavori senza tempo che hanno segnato la nostra infanzia e prima adolescenza (chi non ricorda con nostalgia i pomeriggi passati a sfidare i propri amici su Dragon Ball Z – Budokai Tenkaichi 3?), oltre che titoli decisamente più maturi nel corso della passata generazione di console (non possiamo non menzionare l’immortale Dark Souls che ormai, più che un videogioco, è un vero e proprio fenomeno di cultura di massa) e diversi titoli sperimentali su console portatili (un esempio potrebbe rinvenirsi in God Eater e God Eater 2, pubblicati rispettivamente su PlayStation Portable e PlayStation Vita e solo successivamente portati su un palcoscenico più grande, quello offerto dalle console di attuale generazione e da Steam).

Tutta questa prosopopea di titoli per finire, in questa sede, a discorrere di qualcosa che con essi, di primo acchito, non sembrerebbe assolutamente aver nulla a che spartire: CODE VEIN è un’IP completamente nuova, frutto di un processo travagliato che, dopo l’annuncio nel videoludicamente distante 2017, ha subito cambi di rotta e vissuto momenti di crisi davvero importanti, tanto da rendere dubbia, agli occhi dei giocatori che ne attendevano notizie, persino la sua stessa esistenza. Il materiale recentemente pervenuto tramite i classici canali di comunicazione mostra un art style molto vicino a quello proposto dal recente God Eater 3 (di cui potrete trovare la recensione cliccando su questo link) e un gameplay che richiama diversi aspetti che abbiamo imparato ad apprezzare grazie ad un altro acclamatissimo franchise distribuito da Bandai Namco, Dark Souls. Con premesse del genere, è difficile nascondere anche la minima, per quanto giustificata, preoccupazione: con punti di riferimento di tal spessore, il rischio di cadere in tentazione e tentare di scampare al paragone tramite un breve processo di “copia e incolla” è alto e le aspettative, soprattutto dopo aver messo mano sull’ultima build Network Test, non sono esattamente basse. Dunque, bando alle ciance: come se la cava CODE VEIN al banco di prova?

“Sooono il Cooonte Draaaaacula!”

La trama di CODE VEIN è ambientata in un futuro prossimo, in cui un catastrofico evento noto come La Grande Rovina (ah già, un futuro prossimo e post-apocalittico, quasi dimenticavo) ha spinto l’essere umano sull’orlo dell’estinzione. In risposta a questo cataclisma, l’umanità ha cominciato ad impiantare una variante modificata di un parassita BOR nel muscolo cardiaco degli individui deceduti. Il risultato è la rianimazione dei cadaveri sotto forma di Redivivi, esseri in grado di resuscitare più volte. Sebbene questo possa sembrare un benefit di tutto rispetto, in realtà ne conseguono diversi effetti collaterali piuttosto spiacevoli: perdita della memoria e una sete di sangue umano che, se non soddisfatta, trasforma il Redivivo in un Corrotto, un essere privo di raziocinio e teso solo ed esclusivamente alla soddisfazione della sete che, in primo luogo, l’ha reso schiavo.

I Redivivi sono stati impiegati in battaglia contro la potente Regina, una creatura misteriosa che, in passato, ha messo in ginocchio l’umanità. La vittoria dei Redivivi porta con sé un retrogusto decisamente amaro: la sconfitta della Regina causa il rilascio dell’impenetrabile Foschia Rossa che, di fatto, ha confinato Umani e Redivivi all’interno di quello che è oggi conosciuto come Carcere della Foschia. La prolungata prigionia e la scarsità di risorse innesca, prevedibilmente, una vera e propria lotta per la sopravvivenza. L’intervento di Silva, facoltoso ed influente stratega, dà vita ad un sistema di riscossione e distribuzione delle gocce di sangue: con l’estinzione degli Umani ormai prossima, queste ultime sono diventate incredibilmente rare ma, fortunatamente, i Redivivi possono affidarsi al Vischio per il proprio sostentamento. La misteriosa pianta permette loro non solo di nutrirsi, ma anche di risorgere il che, a seguito dei recenti avvenimenti, permette ai Redivivi di tirare un bel respiro di sollievo.

Il nostro personaggio è un vero e proprio avatar, privo di memoria e in grado non solo di purificare la Foschia Rossa, ma anche di riportare alla vita i Vischi appassiti. Le sue abilità vengono notate da Louis, il leader di una comunità di Redivivi erranti che hanno deciso di non piegarsi al sistema imposto da Silva e tentare di migliorare le condizioni di vita dei propri simili. La trama di CODE VEIN, che parte col piede sbagliato risultando, a tratti, un continuo sfilare di cliché sul tema “vampirismo”, migliora col passare delle ore, rendendosi perfettamente idonea a tenere il giocatore incollato allo schermo fino ai titoli di coda.

Para, schiva, attacco leggero, impreca.

I primi momenti di gameplay di CODE VEIN vedono il giocatore rapportarsi, innanzitutto, con un sistema di creazione del proprio personaggio davvero profondo e ben realizzato, in grado di permettergli di modellare le fattezze del proprio Redivivo fin nei minimi dettagli. Superato un lungo tutorial che fornisce le basi del sistema di combattimento (oltre a interessanti nozioni fondamentali sui Redivivi e sul mondo di gioco), le prime ore (insieme a parte del tutorial medesimo) restituiscono una forte sensazione di déjà vu: i movimenti, pur fluidi, non sono esattamente aggraziati e leggeri, i tempi d’attesa tra un attacco e il successivo lasciano il giocatore scoperto rispetto all’offensiva nemica, si hanno a disposizione solamente tre oggetti curativi che, una volta consumati, non vengono ripristinati a patto di non morire: in quel caso, il Redivivo tornerà in vita all’ultimo Vischio visitato, con tutti gli oggetti curativi a disposizione e in piena vitalità, al netto di tutta la Foschia raccolta fino alla morte e non reinvestita nel level-up del personaggio.

In questo senso, il gameplay di CODE VEIN presenta tante, forse troppe, somiglianze con Dark Souls: il numero limitatissimo delle fiaschette Estus, il salvataggio, lo sviluppo del personaggio e il respawn al falò, i movimenti lenti che richiedono un approccio molto metodico: questi ed altri elementi sono presenti in CODE VEIN ma questo non è necessariamente un difetto, anzi: fortunatamente, il titolo riesce ad inserire nuovi elementi a sufficienza, quel tanto che basta per evitare che la formula adottata risulti stantia e ripetitiva. Uno di questi è la previsione dei codici sanguigni, build perfezionate e tranquillamente intercambiabili dal giocatore che, attraverso esse, può personalizzare non solo il protagonista, ma anche lo stile di gameplay adottato.

Ad inizio avventura il giocatore dispone dei codici da Occultista, Combattente e Ranger, potendone sbloccare altri col proseguire dell’avventura. Ogni codice incide sulle statistiche del personaggio in varia misura, consente o nega l’accesso a determinate categorie di armi e sblocca o meno il supporto a particolari abilità speciali. Il codice da Occultista permette di scagliare proiettili dalla media distanza, mentre il codice da Berserker consente al giocatore di sferrare fendenti più violenti e specializzarsi nella carneficina a corto raggio. Questo rappresenta un chiaro elemento di frattura rispetto ai principali concorrenti souls-like, all’interno dei quali il giocatore si limita ad assegnare staticamente punti alle proprie statistiche salendo di livello: un determinato personaggio deve necessariamente seguire una precisa build per tutta la durata del playthrough. Non è questo il caso di CODE VEIN: i codici possono essere cambiati al volo e il personaggio, di codice in codice, presenta uno stile di gioco completamente diverso.

Uno dei vantaggi/svantaggi connessi all’introduzione di una simile meccanica sta nel fatto che il livello di accessibilità di CODE VEIN aumenta col progredire del giocatore nell’avventura. Questo porta con sé sentimenti contrastanti, dettati da una curva di difficoltà che, pur altalenante, tende con i codici giusti a posizionarsi al ribasso in queste fasi, nonostante alcune spikes davvero fastidiose e frustranti.

Sins of the Father

Spike, il team di sviluppo, ha già dato prova di sé con God Eater 3. Il titolo, pur non essendo esattamente da crollo della mascella su PlayStation 4, ha saputo distinguersi per un cel-shading ben realizzato, una buona estetica dei mostri avversari e una buona fluidità generale. Gli stessi pregi già annotati in quella sede di recensione riaffiorano anche con CODE VEIN: nulla da eccepire su fluidità, cel-shading e frame-rate, fermamente ancorato e stabilissimo anche su PlayStation 4, modelli base e Slim, nonostante alcuni momenti di incertezza nelle fasi più concitate.

Purtroppo, alcuni dei difetti che plagiavano God Eater 3 si ripropongono anche nell’ultima fatica di Spike: texture a bassa risoluzione, modellazione poligonale insufficiente su alcuni fronti e aree piuttosto spartane ed anonime, animazioni in alcuni casi sotto la sufficienza. Anche CODE VEIN, dunque, sembra un prodotto più adatto alla scorsa generazione di console da questo punto di vista, pur presentando uno stile artistico decisamente interessante, che insieme al design di personaggi e mostri riesce comunque a dar corpo ad un insieme altrimenti davvero poco interessante.

In sintesi:

CODE VEIN è finalmente tornato dal mondo dei morti. A seguito di una catastrofe di proporzioni globali, l’umanità è costretta a ricorrere ad un parassita per resuscitare i defunti, creando così i Redivivi. Pur immortali, questi ultimi sono guidati da una sete di sangue insopportabile che, a lungo andare, tende a renderli Corrotti, esseri in perenne stato di furia cieca e dominati dalla brama di liquido sanguigno. Il nostro avatar, dotato di un misterioso potere in grado di diradare la Foschia Rossa che intrappola Umani e Redivivi e di resuscitare i Vischi appassiti, si unisce ad una comunità di Redivivi con l’obiettivo di rendere migliore la vita dei propri compagni d’arme e dell’intera stirpe.

Il gameplay di CODE VEIN pesca a piene mani dalla formula imposta e consolidata degli anni da Dark Souls: parate e schivate sono, nelle prime ore di gioco, assolutamente decisive, in quanto i movimenti del nostro avatar in fase di attacco, lenti e pesanti, rendono necessario un approccio più metodico. L’introduzione dei codici sanguigni, implementabili dal giocatore in qualsiasi momento e in grado di cambiare drasticamente statistiche, accesso ad armi ed abilità, è un buon modo di discostarsi dai canoni del genere souls-like: il giocatore può modificare il proprio stile di gioco anche in maniera profondissima, cosa che in altri giochi che seguono la formula in modo più dogmatico è possibile solo cominciando una nuova partita con un nuovo personaggio.

Ad una curva di difficoltà altalenante e tarata, nelle fasi successive di gameplay, verso il basso, si alternano alcune difficulty spikes leggermente indigeste. Si aggiunga alla formula un comparto grafico che, per quanto stabile e piuttosto soddisfacente al colpo d’occhio, non riesce a stupire, complici una povertà poligonale piuttosto evidente e texture di bassa definizione, ed è chiaro come CODE VEIN, pur proponendo diverse idee interessanti, non può aspirare ad una valutazione incredibilmente alta. Resta un titolo tiepidamente consigliato se si è in cerca di un Action RPG che, per quanto impegnativo, conceda un po’ di spazio e libertà al giocatore in termini di approccio al mondo di gioco ed ai nemici.

Pregi:

  • Alcune meccaniche interessanti...
  • Trama coinvolgente…
  • Art style ben studiato.

Difetti:

  • … ma le prime ore di gioco restituiscono un senso di dejà vu straniante.
  • …ma solo dopo aver digerito un buon quantitativo di tempo condito di cliché.
  • Comparto grafico da scorsa generazione.

VALUTAZIONE COMPLESSIVA: 7,5

La recensione di Code Vein è stata scritta e curata da KentuckyFriedG per GameStorm.it, pubblicata il 16-10-2019

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