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Recensione di The 25th Ward: The Silver Case

Titolo: The 25th Ward: The Silver Case
Genere: Visual Novel / Avventura
Piattaforma: PlayStation 4 (testata) / PC
Sviluppatore: Grasshopper Manufacture
Publisher: NIS America
Data di uscita: 16 marzo 2018

13 anni dopo, finalmente arriva il debutto su console

Per essere uno che ha iniziato come necroforo, Goichi Suda, meglio noto nel panorama videoludico come Suda 51 (se vi siete sempre chiesti il perché, 5 in giapponese si dice Go, mentre 1 si dice Ichi), ne ha fatta di strada, e gran parte del merito va anche alla morte, spesso protagonista principale o attrice secondaria delle sue opere, o semplicemente pronta ad innescare l’accattivante arco narrativo.

Basti pensare al franchise di No More Heroes, col protagonista in gara per la propria vita, o a Let it Die, la cui storia ha inizio proprio a causa di uno slittamento delle placche tettoniche che mette a repentaglio tantissime vite, o al franchise di The Silver Case, dove i personaggi danno la caccia al killer, e il cui universo è stato sfruttato anche in altre opere del designer.

Quest’ultimo è il primo progetto andato in porto dello studio Grasshopper Manufacture, fondato proprio da Suda 51, a cui si attribuisce il merito di aver dato alla luce Killer 7, un titolo tutt’oggi molto apprezzato dalla comunità videoludica. The Silver Case è stato di recente riproposto in versione remastered su PS4, e presto sarà disponibile in bundle con il suo sequel, la cui trama sembra apparentemente slegata dal suo predecessore ambientato cinque anni prima, ma che vedrà la presenza di alcuni volti noti con un look rinnovato per l’occasione, in HD.

Stiamo parlando di The 25th Ward: The Silver Case, venuto alla luce più di dieci anni fa, nel 2005, quando fece il suo debutto unicamente sui telefonini giapponesi come visual novel ad episodi. Nonostante fosse il sequel di un titolo uscito su PlayStation nel 1999, Goichi Suda decise di optare per i dispositivi mobile, piattaforma ideale per dare vita ad un seguito immediato.

La controparte da noi testata su PlayStation 4 è un remake di quel gioco che lo studio Grasshopper Manufacture avrebbe già voluto vedere prima su PlayStation 2, e poi su Nintendo DS; un progetto conclusosi negativamente. Questa volta, Suda51 è riuscito a realizzare il suo sogno di vedere una versione inglese del gioco, lanciata per la prima volta sul mercato Occidentale.

Riuscirà questa nuova scia di omicidi ambientati nel 25esimo Distretto ad appassionare anche i fan Occidentali, com’è successo con quelli nipponici? Come accade in ogni visual novel che si rispetti, dovrete proseguire con la lettura per scoprirlo.

 

Il Distretto dell’Utopia

Ambientato nell’universo “Kill the Past”, nato nel prequel, questo gioco si svolge cinque anni dopo gli eventi narrati in The Silver Case, il cui fulcro narrativo principale era la caccia al killer Kamui Uehara, ritenuto innocuo da tutti, visto il “soggiorno” forzato in un ospedale psichiatrico. Ovviamente così non era, e a farne le spese furono gli abitanti dei 24 Distretti.

A fare da sfondo alla storia noir distopica raccontata in The 25th Ward: The Silver Case, è il 25esimo Distretto di Kanto, una vera e propria utopia “accelerata” i cui abitanti sono stati selezionati tramite un’attenta scrematura, un processo il cui scopo è creare una versione migliorata dei 24 Distretti, ripulita da qualsivoglia difetto e controllata da varie organizzazioni, segrete e non, con l’obiettivo di impedire che si ripetano gli stessi errori del passato.

Tra le fazioni principali c’è il Postal Service, i cui impiegati sono noti col nome di “Corrieri” e hanno l’incarico segreto di ripulire i problemi all’interno del 25esimo Distretto, ricorrendo anche alla “registrazione” (un modo carino per dire uccidere) dei colpevoli.

Chi cade vittima di questo modus operandi viene fatto sparire dai “Pulitori/Cleaners”, impiegati di un gruppo segreto che si occupa di insabbiare gli errori compiuti dai Corrieri e da coloro incaricati di osservarli, i “Diver”.

L’ultima organizzazione degna di nota, anch’essa segreta, è il Regional Adjustment Bureau, formata da agenti d’élite e attenti osservatori degli impiegati sopracitati, che forniscono soluzioni ai problemi più ostici da risolvere.

Ma, visto che perfezione ed essere umano non vanno mai di pari passo, questa nuova storia si apre con una morte misteriosa, e la conseguente entrata in gioco della Heinous Crimes Unit, una sorta di corpo di polizia che si occupa di investigare sulle morti violente, per poi “processare” (ancora una volta un eufemismo per uccidere) i colpevoli. Questi si precipitano sul luogo del delitto, una stanza del complesso residenziale Bayside Tower Land, dove è stato ritrovato il corpo senza vita di una ragazza apparentemente suicida.

Inutile dire che così non è, e da qui parte la lunga e tormentata indagine investigativa raccontata tramite tre diversi archi narrativi, tutti composti da cinque episodi di circa un’ora ciascuno, vissuti dal punto di vista di tre diversi protagonisti.

Il primo arco narrativo si chiama Correctness, è stato scritto da Goichi Suda e vede come personaggi principali Shiroyabu Mokutaro e Shinko Kuroyanagi, i due agenti della Heinous Crimes Unit; il secondo arco è Match Maker, scritto da Masahiro Yuki e narrato dal punto di vista di Tsukino Shinkai, un agente della Regional Adjustment Bureau, che insieme al suo partner porta il giocatore negli anfratti del Distretto; e infine abbiamo Placebo, scritto da Masahi Ooka, il richiamo al prequel più chiaro, sia per la presenza del protagonista, la vecchia conoscenza Tokio Morishima, che per gli eventi legati al killer Kamui.

Attraverso plot twist inaspettati, e pagine e pagine di dialoghi e monologhi, ancora una volta la verità verrà a galla, ma non tutti saranno lì per scoprirla.

 

Parole, parole, parole…

Trattandosi di una visual novel, ci sembra quasi inutile dirlo, ma preparatevi a leggere tanto e fare ben poco. Come succede nella maggior parte dei giochi di questo genere, ci ritroviamo di fronte più ad un film (poco) interattivo, che ad un videogioco vero e proprio (senza per questo voler sminuire la categoria).

Le meccaniche di gameplay sono davvero scarne e al giocatore verrà richiesto di concentrarsi sulla trama, ed essere pronto a cliccare sulla X per far proseguire le linee di dialogo, e sporadicamente sgranchirsi le dita quando la narrativa richiederà un minimo d’azione.

Qualche volta, infatti, apparirà nell’angolo basso a destra una piramide, molto simile al dado a 4 facce usato nei giochi di ruolo da tavolo, il cui scopo è presentare le poche opzioni a disposizione: osserva, parla, muoviti, inventario. Niente paura, non si può sbagliare scelta, perché il gioco non progredirà finché voi non avrete esaurito tutte quelle a disposizione.

Gli unici puzzle che dovrete risolvere saranno per lo più basati sull’inserimento di codici numerici, facilmente reperibili tramite i dialoghi o analizzando gli oggetti presenti nell’inventario. Non ci sarà un tastierino numerico ad attendervi, ma ancora una volta un dado con molte più facce, da girare per trovare il numero o la lettera da selezionare.

Tutto qui. Se sperate in un’esperienza da punta-e-clicca durante le indagini, scordatevelo subito, perché in questo titolo è tutto (ovviamente) scriptato e non permette alcuna improvvisazione da parte del giocatore, nemmeno quella di perdere qualche indizio per strada.

La trama è, teoreticamente, il punto forte del gioco ma tende ad esagerare lanciandosi in discorsi troppo filosofici che non sempre risultano interessanti. Se a questo si aggiungono dialoghi con personaggi secondari che divagano parlando dei propri discutibili interessi (un coroner parla del business degli snuff movies, per dirne una), il tutto tende a risultare estremamente lento e a tratti soporifero.

Chi è familiare con lo stile narrativo di Suda 51, sa bene che il metodo di storytelling del designer è già di per sé caotico e non sempre facile da digerire e, anche in questo titolo, riuscire a stare al passo con gli eventi, a volte raccontati in un ordine che sembra quasi casuale e non cronologico, risulta ancora più arduo del solito. La presenza di tanti nomi e personaggi, inoltre, rende il tutto ancora più complicato (riconosciamo che quest’ultima considerazione potrebbe essere soggettiva).

Messi da parte i tratti negativi, non possiamo non sottolineare come Goichi Suda sia stato in grado di creare comunque qualcosa di affascinante, coinvolgente e capace di strappare più di un sorriso, nonostante la maggior parte del racconto ruoti intorno ad argomenti cupi come la morte e la ricerca di un assassino. Alcuni personaggi sono caratterizzati in maniera davvero egregia, portano il giocatore ad empatizzare con loro e ad affezionarcisi; ci si lega principalmente a quelli che offrono citazioni di altri franchise videoludici, come Hitman e Phoenix Wright, o richiami alla cultura popolare, come Buffy l’Ammazzavampiri e … Heidi.

Chiunque sperasse in una localizzazione italiana vista la complessità della storia raccontata, dovrà mettersi il cuore in pace: il titolo è disponibile esclusivamente in inglese, per di più con una traduzione a tratti mediocre. Per questo, ci sentiamo di raccomandare il gioco solo a chi possiede un livello medio (almeno) di conoscenza della lingua (o un ottimo dizionario al proprio fianco) in modo da comprenderne la storia, e da risolvere alcuni degli enigmi alfa-numerici proposti.

Grafica in HD su una schermata da smartphone

Visivamente parlando, il gioco offre una schermata di sfondo con figure geometriche che solitamente vanno a tempo con la musica, mentre in primo piano è presente un pannello più piccolo (una scelta che farò storcere il naso a chi solitamente gioca su schermi di svariati pollici) dove viene raccontata la storia tramite disegni simili a quelli dei manga, perlopiù in bianco e nero.

Questo riquadro è una “finestra sul mondo” di The 25th Ward che, tramite le schermate fisse, presenta personaggi, luoghi, dialoghi, ma soprattutto “wall of text”, ossia lunghi paragrafi da leggere. Proprio come le pagine di un manga vero e proprio, contiene prevalentemente disegni in bianco e nero che rendono difficile distinguere alcuni dei personaggi, estremamente simili tra loro, mentre i pochi colori utilizzati (dalle tinte neon) si contano sulle dita di una mano ma offrono un contrasto efficace.

La visuale scelta è quella della prima persona, in aggiunta al sistema “Film Window”, che non permette di muoversi liberamente all’interno del livello, ma solamente di prendere direzioni predefinite tramite dei grandi tasti visibili sullo schermo; abbiamo riscontrato un leggero lag tra il comando e l’effettivo movimento del cursore, un problema che rallenta ulteriormente un gioco già flemmatico di suo (in fatto di narrativa).

Tornando all’impostazione della schermata, c’è da chiedersi se questa sia una scelta stilistica voluta da Goichi Suda per richiamare alla memoria il passato sui cellulari, dato che ricorda lo schermo di un telefonino, o se, per questioni di fondi e tempo, non si abbia potuto optare per un nuovo look.

Chiudiamo parlando del reparto audio e della varia selezione di brani che vanno dal jazz, al punk giapponese, passando per la techno. Il merito di questa soundtrack è di Masafumi Takada, che già aveva lavorato a The Silver Case.

Tutte le melodie presenti sono piacevoli da ascoltare durante il gioco, nonché in grado di sposarsi in maniera perfetta con la situazione narrata al momento, offrendo pathos extra nelle scene più concitate, e rilassando il giocatore in quelle più calme. Il team di sviluppo ha realizzato un buon lavoro anche sui suoni ambientali il cui merito maggiore è quello di far passare in secondo piano il fastidioso rumore della macchina da scrivere che accompagna costantemente la comparsa di scritte a video.

Fortunatamente, nel menù è presente il setting, dove è possibile aggiustare il volume di musica e suoni come meglio si preferisce.

In sintesi:

The 25th Ward: The Silver Case è un racconto noir che ci porta all’interno del 25esimo Distretto, situato in un Giappone distopico, i cui abitanti sono stati selezionati accuratamente per dare vita ad un ambiente utopico, senza crimini. Trattandosi di essere umani, l’idillio non può durare per sempre, e in seguito ad un misterioso, e alquanto ambiguo suicidio, prendono vita i tre filoni narrativi con protagonisti altrettanti personaggi, e una tortuosa indagine.

La trama si ricollega inevitabilmente a una delle opere di Suda 51 più apprezzate, nonché titolo di debutto dello studio Grasshopper Manufacture, The Silver Case, vitale da conoscere e giocare prima di avventurarsi in questa caotica visual novel, la cui trama potrebbe lasciare interdetto anche chi si è già avventurato nell’universo espanso di “Kill the Past”.

Con le sembianze di un titolo mobile presente anche nel porting su PS4, il gioco debutta finalmente sul mercato Occidentale, 13 anni dopo aver stupito il pubblico giapponese, e lo fa in HD, mettendo maggiormente in risalto le scelte quasi monocromatiche dei disegni. In compagnia di una soundtrack variegata che offre pathos extra, questa nuova indagine sarà imperdibile per gli accaniti fan di Suda 51, mentre risulterà un po’ indigesta per chi non ha familiarità con le opere dell’eccentrico designer.

Pregi:

  • Una storia interessante…
  • Plot twist inaspettati.
  • Dialoghi divertenti che strizzano l’occhio alla pop culture…

Difetti:

  • … che risente di una narrativa caotica e lenta.
  • Enigmi poco coinvolgenti.
  • … che a volte cedono ad una filosofia che non ottiene il risultato sperato.

VALUTAZIONE COMPLESSIVA: 6,5

La recensione di The 25th Ward: The Silver Case è stata scritta e curata da dryily per GameStorm.it, pubblicata il 11-03-2018

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