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Recensione di Heavy Rain

Titolo: Heavy Rain
Genere: Azione/avventura
Console: PS3
Sviluppatore: Quantic Dream
Casa Pubblicante: SCEE

Il 10 maggio 2006 è una di quelle date che, a memoria videoludica, difficilmente si dimentica. In una Los Angeles presa d'assalto dalla stampa del settore, capace di invadere la totalità dei padiglioni di cui l'importante kermesse si componeva, il già celebre David Cage riuscì a togliere il fiato degli astanti con una breve demo tecnica, della durata di circa cinque minuti, dove per la prima volta veniva sfruttato doverosamente il tanto decantato potere della neonata ammiraglia next-gen di casa Sony. Il mondo assistette così a The Casting, e l'intera pletora di trepidanti giocatori - a metà strada tra l'incredulità e lo shock - fece la conoscenza di quel prodigio che, a quattro anni di distanza, avrebbe invaso l'universo ludico di PS3 con il nome di Heavy Rain.

L'evoluzione digitale dell'adventure game

Chiunque conosca anche solo in parte il trascorso videoludico di David Cage avrà sicuramente notato quel sottile fil rouge psicologico che lega ciascuna delle sue opere: tanto nei sui primi passi (leggasi Omikron) quanto nel suo primo vero esperimento su console (Indigo Prophecy/Farenheit per l'allora storica PS2), a saltare subito agli occhi del giocatore è quella concezione quasi visionaria della realtà, utilizzata con incredibile sapienza per dare vita a narrazioni dall'elevato sapore letterario che ruotano intorno alla pluri- sfaccettata psiche del protagonista. Atmosfera, immedesimazione e - soprattutto - narrazione sono i concetti predominanti nell'operato di Cage e dei suoi Quantic Dreams, capaci di dare vita in poco più di un decennio a titoli borderline, al limite della concezione più "classica" del videogioco e che, per certi versi, sembrano fungere da anello di congiunzione tra l'universo del gaming e quello della celluloide.

Sperando di non avervi annoiato con questo doveroso preambolo, andiamo a sviscerare nel dettaglio l'ultima fatica dei Quantic, esclusiva - lo ricordiamo - per il monolite nero marchiato Sony. Heavy Rain nasce dalle ceneri (e dagli errori) del vecchio Fahrenehit, e con esso condivide (in perfetto stile Cage) la quasi impossibile catalogazione all'interno dei principali generi videoludici. Un po' action e un po' adventure, con una fortissima vocazione cinematografica (dalle inquadrature alle sonorità) e un canovaccio narrativo da far impallidire buona parte dei giallisti contemporanei, Heavy Rain rappresenta la frontiera pionieristica next- gen dell'indimenticato adventure game: un'esperienza immersiva come poche (grazie anche ad un utilizzo geniale del Dualshock nella gestione dei QTE), che si modella progressivamente in base alle scelte del giocatore (come vedremo nel dettaglio tra poco) ma che, innegabilmente, si discosta in toto dai dogmi videoludici più canonici ai quali, da tempo, siamo avvezzi.

Partiamo dalla storia, primo punto d'eccellenza dell'ultima fatica di Cage: perno di riferimento attorno al quale ruoterà l'intera faccenda è il killer dell'origami, un efferato rapitore seriale di bambini che tiene in trappola le proprie vittime per quattro giorni per poi affogarle nell'acqua piovana e abbandonarne il cadavere in luoghi dismessi, prossimi ad una ferrovia, con un'orchidea sul petto e un piccolo origami sulla mano destra. Con sei vittime alle spalle e un settimo "papabile" giovane candidato al camposanto, l'inafferrabile assassino diviene, sin dalle prime battute di gioco, il punto di intersezione delle vite di quattro personaggi apparentamene slegati tra loro, ma aventi con lui un conto più o meno aperto. Si parte da Ethan Mars, un giovane architetto dal roseo passato distrutto dalla morte accidentale del piccolo Jason (causata dalla sua disattenzione - come potrete sperimentare nel breve prologo) e chiamato ad affrontare l'inimmaginabile per sottrarre dalla medesima sorte Shaun, il suo secondo figlio, finito nella trappola del letale assassino; è poi il turno di Scott Shelby, un investigatore privato con un passato nella polizia locale ingaggiato dai genitori delle vittime per agguantare l'assassino, un uomo dai metodi burberi e incline alla sana scazzottata ma allo stesso tempo dal carattere bonario e accondiscendente. Il terzo personaggio che incontreremo è Norman Jayden, un giovane agente dell'FBI specializzato in psicologia e profiling criminale, metodico ed estremamente rigoroso nel proprio lavoro ma, allo stesso tempo, costantemente sotto stress per l'assunzione di una particolare droga sintetica. Dulcis in fundo, la bella del gruppo: Madison Paige, una splendida giornalista 27-enne con problemi di insonnia che, per riuscire a dormire, si vede costretta a passare le notti passando da un motel all'altro, nella speranza di chiudere gli occhi per riaprirli il mattino seguente. Il plot narrativo di Heavy Rain segue i passi dei suoi quattro protagonisti, passando da una prima fase di narrazione sconnessa e "salterina" (assolutamente comprensibile, poiché funzionale alla presentazione dei main charachters) ad una seconda più profonda e articolata, nella quale sarà possibile assistere ad una precipitosa catena di eventi complessa al punto da rendere le azioni del singolo personaggio decisive (e in taluni casi letali) per l'intero manipolo di "investigatori". Seppur apparentemente complesso, è proprio questo aspetto ad averci colpito positivamente: una trama raccontata costantemente attraverso occhi differenti che rimbalza da un protagonista all'altro, uno "quadro" analizzato sotto punti di vista differenti ma capace di regalare, per ogni sua sfaccettatura, una dose copiosa di colpi di scena e dettagli. Merito di tale eccellenza "narrativa" va imputato anche all'atmosfera di gioco, un mix opprimente e delirante che segna le nuove vette del "noir da console" e che accompagnerà l'intera esperienza ludica (che si assesta grossomodo sulle 12 ore effettive di gioco) dall'inizio alla fine. Heavy Rain è un chiaro omaggio ai principali capisaldi del cinema thriller/noir moderno (Se7en e Saw in primis), capace di incollare il giocatore di fronte allo schermo per intere ore per farlo precipitare in un vorticosa spirale emotiva: dall'ansia all'angoscia, dall'incredulità alla paura di fare un singolo movimento sbagliato, pena una morte prematura, il marasma emotivo dell'opera di Cage travolge in toto il giocatore, lo proietta all'interno dello schermo ed evoca in lui le stesse fobie, le stesse incertezze degli avatar che sta muovendo. Il tutto, ovviamente, condito da una pioggia pesante come un macigno che cade incessante per tutta la durata dell'avventura, e che tutto fa tranne che lavar via gli anfratti più "sporchi" della nostra coscienza.

Controlli e Gameplay

Veniamo ora all'argomento più delicato dell'intera faccenda, le tanto chiacchierate meccaniche di gioco. Come già anticipato poche righe sopra, parlare specificatamente di gameplay nell'ambito di un'opera così complessa come Heavy Rain è impresa ardua (per non dire impossibile), causa la natura ibrida ed estremamente peculiare del titolo. L'ultima fatica dei Quantic Dream sfugge intrinsecamente da qualsiasi etichetta, da qualsiasi tentativo - anche parziale - di catalogazione videoludica, approdando ad un risultato finale che, in sostanza, si configura come il punto d'incontro tra un adventure game "old school" e un film digitale interattivo, con tutti i pro e gli innegabili contro che una tale scelta porta con sé. Lo stesso sistema di comandi sembra voler testimoniare questa chiara vocazione al nuovo, al "videoludicamente parlando" inesplorato: in aperta controtendenza rispetto alle più comuni abitudini del giocatore medio, il sistema di movimento del personaggio è demandato alla pressione del tasto R2. Con lo stick analogico sinistro sarà possibile impartire la direzione dello spostamento, ancorato ad un sistema di riferimento charachter- relative che ha il sapore dei primi action 3D ma che, duole dirlo, non sempre brilla per comodità ed immediatezza. Grazie al pulsante L2 potremo accedere ai pensieri del personaggio corrente, che ruoteranno intorno alla sua testa (fintanto che sarà premuto il suddetto trigger) e saranno attivabili - e udibili - premendo il relativo pulsante: potremo così udire semplici constatazioni e riflessioni personali, approfondire alcuni dettagli narrativi e, spesso, facilitarci la vita con piccoli indizi sulle azioni imminenti da compiere. Davvero notevole è l'immedesimazione che tale sistema regala, associando il funzionamento del "menù pensieri" allo stato emotivo del personaggio: statico e di facile consultazione nei momenti di tranquillità, esso diventerà quasi illeggibile, frenetico e confusionario nelle situazioni ad alto stress/rischio, rendendo estremamente difficoltosa la semplice comprensione del bottone da premere (cosa che, nelle situazioni time-dependent, farà penare non poco il giocatore). Quanto rimane del Sixaxs/Dualshock 3 è interamente delegato alla gestione dei moltissimi QTE (Quick Time Events) di cui il titolo è prolifico: dallo stick destro ai trigger dorsali, passando per i quattro pulsanti "canonici", le occasioni in cui saremo obbligati a dar sfoggia dei nostri riflessi non mancheranno di certo. Sia chiaro, etichettare Heavy Rain come un semplice playground di QTE è l'errore più grande in cui possiamo incappare: la profondità del sistema di eventi è esemplare, così come l'incredibile varietà di azioni da compiere e le relative gestures su pad. Ogni singola azione avrà un corrispondente set di pulsanti da premere, che varierà dalle combinazioni più semplici ed immediate (la pressione di un singolo bottone e/o lo spostamento dello stick desto in una determinata direzione) ad altre estremamente complesse ed articolate, capaci di dare del sano filo da torcere anche alle dita più allenate e che indiscutibilmente doneranno maggiore profondità all'esperienza di gioco: basterà sottoporsi alla prima prova del killer per accorgersi che non si tratta soltanto di "premere il bottone corretto". Sangue freddo, lucidità mentale e molta, molta calma saranno necessari per uscire incolumi (o quasi) dalle tremende trappole che ci attendono e che, più di una volta, ci metteranno a tappeto: anche in questo caso, però, Heavy Rain sottolinea la propria evoluzione rispetto a quanto già visto proponendo una formula completamente esente da un qualsiasi approccio trial & error. Ciò significa che il fallimento di una determinata sequenza non comporterà un game over prematuro, né obbligherà a ripetere la sessione corrente: al contrario, il gioco continuerà liscio e senza intoppi, assumendo però una nuova piega narrativa in base alle nostre azioni (o a eventuali inattese dipartite). Le nostre scelte, gli errori e tutte le decisioni saranno dunque la penna della storia che andremo a vivere: "The show must go on", nel bene e - soprattutto - nel male.

Parlando di numeri, l'avventura di Heavy Rain si snocciola attraverso 60 capitoli per un totale approssimativo di circa 12 ore: come sempre, tale longevità è assolutamente indicativa e destinata ad aumentare drammaticamente qualora voleste accaparrarvi tutti i trofei disponibili, provare l'ebbrezza della modalità hard o, più semplicemente, assistere a tutti gli epiloghi disponibili (e fidatevi, non sono affatto pochi). Ogni capitolo porterà con sè un intenso nugolo di decisioni da prendere, ciascuna delle quali influirà tanto sulle azioni cronologicamente limitrofe quanto (e soprattutto) sull'esito finale di questa investigazione parallela: la curiosità morbosa di vedere "cosa sarebbe successo se" e l'intricata narrativa "decisionale" che caratterizza l'incedere verso l'assassino fungeranno da mordente per riprendere in mano il titolo una seconda volta (e magari anche una terza) garantendo un coefficiente di rigiocabilità assolutamente invidiabile. Non stiamo esagerando quando affermiamo che Heavy Rain si modella dinamicamente e in modo differente su ciascun giocatore, in base al suo modus operandi: e se questa non è rivoluzione, davvero poco ci manca.

Scende la pioggia

Dalla celebre demo tecnica dell'E3 2006 all'attuale Blu Ray disponibile sul mercato, di progressi tecnologici ne sono stati fatti parecchi. Heavy Rain supera a pieni voti anche la prova più squisitamente next-gen, mostrando un comparto tecnico che, seppur senza eccellere, spinge l'hardware di Playstation 3 a livelli sicuramente elevati. Certo, la strada verso la perfezione è ancora lunga, e anche l'ultima fatica del buon Cage non è esente da qualche puntigliosa critica: ma il risultato, sia chiaro, è davvero mozzafiato. Partiamo dal reparto grafico, fiore all'occhiello dei Quantic Dreams sin dalla prima apparizione di The Casting nei principali networks mediatici: protagonista assoluta di questo teatro del noir è la pioggia, opprimente e asfissiante, spettatrice e protagonista silenziosa degli efferati omicidi. L'atmosfera di gioco è cupa e pesante, capace di destabilizzare anche il giocatore dai nervi più saldi: il precipitare incessante della pioggia in una città grigia e apatica, dalle tinte cupe e dall'animo visivamente lacerato, infonde nel giocatore sin dalle prime battute di gioco quelle sensazioni tipiche della cinematografia gialla/noir d'autore. C'è la città grande a dismisura, abitata da persone che si ignorano vicendevolmente portando avanti ciascuno la propria esistenza, e lì, nascosto chissà dove, uno psicopatico aguzzino compie il suo macabro rituale. Tutto, dalla palette cromatica alla scelta degli effetti più elementari, contribuisce ad alimentare questo paradosso, questa sensazione di "impotenza" tipica della migliore letteratura sul genere. Sotto quest'ottica, mai titolo fu più appropriato di "Heavy Rain". I modelli dei protagonisti raggiungono livelli di assoluta eccellenza nel panorama ludico di casa Sony, divenendo a pieno merito metro di paragone per i titoli a venire: la potenza di calcolo del monolite nero gioca sicuramente a favore, ma non dimentichiamoci del certosino lavoro effettuato dagli studios nella realizzazione dei modelli. La tecnologia del motion capture, sempre più decisiva nel panorama del gaming entertainment, porta notevoli frutti: l'utilizzo di centinaia di markers facciali (per tracciare anche la minima ruga d'espressione sui volti degli attori), unito alle intense sessioni di registrazione/recitazione del ricco cast di attori ha permesso di creare animazioni puntuali e verosimili, associate a modelli dall'incredibile profondità di dettaglio e capaci di sfoggiare un'espressività che, sino ad oggi, raramente si era potuta osservare in un prodotto ludico. Inutile spendere ulteriori parole su shaders, texture ad alta definizione e diavolerie simili: la resa visiva, a conti fatti, parla più di ogni altra cosa. Dall'altro lato della medaglia, i modelli "generici" dei personaggi si assestano su un livello nettamente inferiore, sia da un punto di texturizzazione e ricerca del dettaglio, sia in ambito di animazioni. I loro movimenti sono più legnosi e "artificiali", in taluni casi addirittura inverosimili per la precisione rigorosa con cui vengono effettuati: troppo puliti, verrebbe da dire, per risultare credibili. A questo è da aggiungersi una scarsa interattività con i fondali di gioco (appunto, questo, che coinvolge tanto i protagonisti quanto i comprimari): l'architettura dei livelli è encomiabile e dettagliata, ma il movimento dei personaggi è limitato a singole porzioni del visibile, intrappolato da barriere invisibili che impediscono di procedere oltre. Non è certo una critica all'utilizzo delle sequenza scriptate (di cui il gioco abbonda), assolutamente necessarie vista la tipologia del titolo, ma in più di qualche circostanza si ha l'impressione che l'intera location funga quasi da fondale passivo piuttosto che da elemento attivo di gioco.

Applausi scroscianti e meritatissimi per il comparto audio: il doppiaggio italiano (seppur non paragonabile a quello in lingua madre, semplicemente sublime) è uno dei migliori apparsi su console next-generation, preciso e fortemente caratterizzato; a tal riguardo, davvero ottima la prova di Pino Insegno nei panni "vocali" di Ethan Mars, con una voce ispirata e in linea con l'indole del personaggio. La colonna sonora abbraccia il giocatore con sonorità avvolgenti, malinconiche e graffianti, che ben si addicono alle tematiche proposte da Heavy Rain: ritmi incalzanti si alternano a passi più riflessivi e introspettivi, approdando ad un risultato finale che, per l'ennesima volta, rischia di far impallidire nientemeno che il cinema Holliwoodyano. Ineccepibile anche il comparto FX, forte di una libreria di suoni assolutamente varia e decisamente verosimile: dai rumori della città ai bisbigli delle location interne (per non parlare della resa acustica della pioggia), la resa complessiva è autentica poesia per le orecchie.

Epilogo?

L'evoluzione del videogioco verso una dimensione più matura: questo, a parer nostro, è Heavy Rain, l'IP di Quantic Dreams che tanto si è fatta attendere dal fandom Sony (quattro anni intervallati da indiscrezioni, piccoli video, rumors più o meno fondati) e che tanto, a quasi un mese dalla sua uscita, continua a far parlare di sé. Un titolo che per sua stessa natura divide dicotomicamente il pubblico in due fazioni contrapposte, chi lo ama alla follia e chi lo odia profondamente: e il motivo di questa diatriba sentimentale è esattamente lo stesso, l'innovazione. Heavy Rain trascende il concetto canonico di videogioco classico, andando a creare un ponte di collegamento virtuale tra la dimensione ludica, quella narrativa e quella cinematografica. Dall'inizio alla fine, l'opera di Cage intrappola il giocatore in un climax ascendente di eventi a cui, volenti o nolenti, siamo chiamati a partecipare empaticamente: passo dopo passo, le sofferenze di Ethan o i dubbi del mitico Shelby (giusto per citare due dei quattro protagonisti) diverranno i nostri, rendendoci partecipi dell'evoluzione psicologica del nostro alter ego. Certo, siamo di fronte ad una scelta rischiosa, che segna l'evoluzione creativa del designer dai tempi di Fahrenheit e che, incontrovertibilmente, finisce per divenire la principale imputata al banco d'accusa dai suoi detrattori: lontana anni luce dall'ideologia comune di "videogioco", concettualmente troppo all'avanguardia per chi cerca il più classico intrattenimento digitale, l'esclusiva di PS3 rischia di essere bollata come noioso filmato interattivo dove il nostro unico compito è quello di premere il pulsante indicato al momento corretto. Ciascuno si senta libero di pensare quello che vuole: resta comunque il fatto che Heavy Rain segna una nuova frontiera dell'universo videoludico, dimostrando una volta per tutte come un'ottima storia e un livello di immedesimazione come pochi possano da soli dare vita ad un autentico capolavoro. E per chi ha vissuto (o sta vivendo) il protagonista di queste nostre chiacchiere, tutto ciò basta e avanza.

 

Pro

- Storia maestosa, atmosfera incredibile e sonorità indimenticabili per un coinvolgimento unico
- Modelli dei protagonisti impareggiabili
- Gestione dei QTE esemplare, profonda e complessa
- Rigiocabile, anche solo per vedere tutti gli epiloghi

Contro

- Alti e bassi nella realizzazione tecnica, specie nei modelli comprimari e nell'interattività ambientale
- Molte le sezioni scriptate
- Come ogni genio che si rispetti, non sempre è apprezzato da tutti

VALUTAZIONE  COMPLESSIVA 9.5

La recensione di Heavy Rain è stata scritta e curata da alberto_dex per GameStorm.it, pubblicata il 11-04-2010

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